6 Gennaio 2015: Epifania del Signore
Commento al Vangelo nella Solennità dell'Epifania del Signore
Letture: Is (60, 1-6) Sal (71, 1-2. 7-8.11-13)
Ef (3,2- 3a.5-6) Mt (2, 1-12)
La solennità dell'Epifania, della manifestazione di Cristo a tutta l'umanità quale unico redentore e salvatore, ci invita a rialzarci, a rivestirci di luce, ad abbandonare tutte le tenebre, di qualsiasi genere, che possono oscurare il cuore e la mente di ogni persona e del genere umano. Infatti sono tantissime le tenebre che avvolgono questo mondo, in questo nostro tempo segnato da tanti avvenimenti negativi, frutto dell'oscurità più totale che si è affermata nella mente dell'uomo moderno. Fare spazio alla luce, al positivo, alla gioia significa fare spazio a Gesù Cristo, come i re Magi, questi scienziati del tempo di Cristo, questi intellettuali e saggi che, mossi dalla curiosità della stella cometa, si incamminano per "vedere" fino a che punto quel punto di luce acceso nell'universo avesse portato il sapere umano. Ebbene il punto dove si ferma questa stella nuova ed inattesa, inaspettata, fu la grotta di Betlemme, ai piedi di Gesù bambino, la novità assoluta di allora e di sempre, perché Cristo fa nuove tutte le cose, in ogni tempo ed in ogni epoca.
Il tema della luce, che è poi nella sacra scrittura segno ed espressione della fede, accompagna la liturgia di questa bellissima solennità che concluede tutte le feste. Se è vero che dopo l'Epifania si riprendono i ritmi soliti della vita quotidiana, almeno nel nostro Paese, è pur vero che da domani in poi la vera festa del cuore, dell'anima, della vita interiore non va via, permane, anzi accresce ed aumenta in consistenza in quanto i frutti spirituali di questo periodo di Natale che abbiamo vissuto si vedono a distanza. Dalle tante celebrazioni, a partire dalla messa di mezzanotte di Natale, alla festa della Santa Famiglia, al Te Deum di ringraziamento di fine anno, alla celebrazione della solennità della Madre di Dio, nel primo giorno del nuovo anno, e agli altri momenti di festa e celebrazioni varie, è stato un inno continuo alla luce che viene dal cielo e rischiara le tenebre della nostra mente e della nostra storia, in quanto a noi viene la Luce stessa che è Gesù.
Questa luce attesa da secoli è preannunciata dai profeti ed ha una particolarità tutta sua che Isaia, nel testo della prima lettura di oggi, ce ne far godere gli effetti e i riflessioni sul nostro modo di pensare e di agire. E' la cavalcata dei Re Magi verso Betlemme, già anticipata dal grande profeta dell'era messianica. Egli guarda lontano e vede sorgere questa luce, che diraderà le tenebre e metterà ordine nel cose di questo mondo, tutto prenderà un nuovo indirizzo, in quanto viene la luce del Signore e la gloria di Dio risplenderà su questo mondo. Tutti i popoli della terra, se si faranno guidare da questa stella, da questa luce, potranno essere sereni e tranquilli e vivere in pace e prosperità, ad assaporare la gioia della salvezza, che Cristo viene a portare all'umanità intera.
In poche espressioni è san Paolo Apostolo nel brano della sua lettera agli Efesini che ci fa comprendere esattamente il senso della celebrazione odierna: "che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo". Nessuno, quindi, è escluso dal piano della salvezza del genere umano che Gesù Cristo porta a compimento nel mistero della sua morte e risurrezione, che l'Epifania ci anticipa nei suoi aspetti liturgici, al punto tale che in questa giornata si legge l'Annuncio della Pasqua, per indicare il punto di partenza e di arrivo di ogni valida azione liturgica e di ogni festa cristiana.
Cercare Gesù, incontrare Gesù, annunciare Gesù questa è la gioia più grande di ogni autentico cristiano. I tre santi magi che incontrano Gesù, dopo aver scrutato il cielo per tanti anni, lo fanno non nella stella cometa che pure compare nel firmamento del cielo, ma lo incontrano sulla terra. Quasi a dire che quel Gesù che era in cielo, è disceso sulla terra, poi ha vissuto qui, ha sofferto qui, è morto qui, condannato al patibolo per mani assassine, ma è risorto qui, per poi ascendere da dove era disceso ed andarci a preparare un posto, perché dove è Lui saremo anche noi membra del corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, nella quale siamo entrati a far parte mediante il meraviglioso dono e sacramento del Battesimo. Come i santi re magi che incontrano Gesù dobbiamo gioire sinceramente nel profondo del cuore e dobbiamo essere sempre persone di gioia. Chi non incontra Gesù vive nella tristezza perenne, come ha vissuto Erode che è morto disperato perché ha cercato, inutilmente, di uccidere la speranza e la vita dell'umanità che era e che è Gesù Cristo. Anche oggi queste figure e personaggi pericolosi esistono su tutto il globo terrestre, capaci di azzerare nel cuore di intere nazioni la gioia e la speranza di vivere, perché criminali nella mente, nel cuore e nell'azione. Ecco perché i magi, una volta incontrato Cristo, la luce, la pace, la fede, non rincontreranno Erode, lo evitano deliberatamente, perché hanno trovato quello che cercavano, la vera scienza e sapienza incarnata.
L'esempio dei Magi possa costituire per tutti noi, cristiani del XXI secolo, che da pochi giorni hanno iniziato il loro cammino nel nuovo anno, un forte richiamo a cercare sempre la luce e la verità, ad essere dalla parte dell'amore e non dell'odio, dalla parte di Dio e non di senza Dio e degli oppositori di Dio. La fede vera ci deve spronare a cercare quella luce della mente, del cuore e dell'agire che ci porta costantemente ad essere testimoni e messaggeri di Cristo nel nostro tempo, con tutte i suoi pregi e i suoi limiti.
4 Gennaio 2015: II Domenica dopo Natale
Commento al Vangelo della II Domenica dopo Natale
(Letture: Sir 24,1-4.8-12; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18)
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. [...] Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. [...]
I cristiani cominciano a contare gli anni, a raccontare la storia, da Natale, che è il nodo vivo del tempo, che segna un prima e un dopo. Attorno a quel giorno danzano i secoli e la mia vita.
Giovanni comincia il vangelo convocando l'«in principio» del tempo e le profondità di Dio: In principio era il Verbo e il Verbo era Dio. Non esiste una storia che risalga più indietro, che vada più lontano, che ci faccia sconfinare più al largo.
Tutto è stato fatto per mezzo di Lui. Nulla di nulla senza di lui. «In principio», «tutto», «nulla», parole che ci mettono in rapporto con l'immensità e la totalità della vita: non solo gli esseri umani e gli animali, «nostri fratelli minori», ma il filo d'erba e la pietra, tutto è stato plasmato dalle sue mani e ne porta l'impronta viva: «anche nel cuore della pietra Dio sogna il suo sogno e di vita la pietra si riveste» (Vannucci).
In Lui era la vita. Gesù, venuto nella vita come datore di vita, non ha mai compiuto un miracolo per punire o intimidire. I suoi sono sempre segni che guariscono la vita, la accrescono, la fanno fiorire. Non è venuto a portare una nuova teoria religiosa o un migliore sistema di pensiero, ha comunicato vita, e anelito a sempre più grande vita: sono venuto perché abbiate vita in abbondanza (Gv 10,10). Gesù pianta la sua tenda in mezzo agli uomini, anzi nel mezzo, nel centro nel cuore di ogni uomo, di tutto l'uomo. Questa è la profondità ultima del Natale: nella mia, come nella tua carne, respira il Signore della vita. Io passo nel mondo portando in me il cromosoma di Dio, intrecciato con l'inconsistenza della polvere del suolo da cui Adamo è plasmato.
Veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni uomo.
Ogni uomo, nessuno escluso, ha quella luce. Che illumina come un'onda immensa, come una sorgente che non si spegne, come un sole nella notte.
E la vita era la luce degli uomini. Una cosa enorme: la vita è luce, è una grande parabola luminosa che racconta Dio. Il Vangelo ci insegna a sorprendere parabole nella vita, e riflessi di cielo perfino nelle pozzanghere della vita. Allora il Dio della religione, quello delle teorie e delle celebrazioni, si ricongiunge con il Dio della vita, quello dei gesti, degli affetti e degli incantamenti.
Venne fra i suoi ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. Accogliere: parola che sa di porte che si aprono, di mani che accettano doni, di cuori che fanno spazio alla vita.
Parola semplice come la libertà, potente come la maternità. Dio non si merita, si accoglie. Facendogli spazio in noi, come una donna fa spazio al figlio che accoglie nel suo grembo, appena sotto il cuore.
1° Gennaio 2015: Maria Santissima Madre di Dio
Commento al Vangelo nella
Solennità di Maria Santissima Madre di Dio
Letture: Numeri (6, 22-27) Salmo (66/67, 2-3,5 - 6,8) San Paolo ai Galati (4, 4-7) Lc (2, 16-21)
Con la solennità di oggi, Maria Madre di Dio, inizia il nuovo anno solare del 2015. E come tutti gli inizi, anche questo primo giorno dell'anno lo affidiamo alla protezione della Madonna, Regina della pace e Madre della gioia.
Questo nuovo anno che vede gli albori con questo giorno si prospetta molto importante per la vita della Chiesa essendo dedicato alla famiglia e alla vita consacrata. Ma altri importanti eventi ecclesiali e sociali si pongono davanti a noi e ci impegnano a consacrare questo anno al Signore ed a metterlo sotto la protezione della Madonna, confidando nella sua intercessione potentissima presso il suo Figlio, perché possa essere un anno di gioia e di pace per il mondo intero.
Non a caso la chiesa celebra oggi la giornata mondiale della pace, al fine di portare l'attenzione non solo dei credenti e di quanti in Gesù Cristo riconoscono il vero Principe della pace, ma anche degli uomini di buona volontà su questo argomento di crescente attualità, considerati i tanti focolai di guerra esistenti oggi nel mondo, il terrorismo, le tante violenze che si perpetrano ai danni di bambini, malati, anziani, donne ed uomini di ogni nazione, cultura, popolo e religione. Il mondo non vive in pace e cerca la pace e noi come cristiani la chiediamo attraverso l'intercessione di Maria, regina della pace e madre della gioia, a Gesù, che anche in questa ottava di Natale ci viene presentato nella grotta di Betlemme con i pastori che vanno senza indugio a visitarlo, mentre è cullato e coccolato dalla sua tenerissima Madre e custodito gelosamente e posto al sicuro sotto la custodia di San Giuseppe.
Gioia e pace camminano insieme e come tali questi due valori cristiani trovano la sorgente nel Salvatore del mondo, trovano la ragion d'essere ed anche di annunciarla partendo proprio da quella povera capanna, che è e sarà la più ricca, in eterno, in umanità e in fraternità. Iniziare il nuovo anno con questa speranza e certezza nel cuore è entrare il quel grande mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio nel grembo verginale di Maria. Gesù Re di pace e Maria regina della pace, insieme portano all'umanità questo messaggio. Non mancano in questo compito di diffondere la pace e la gioia i messaggeri celesti, i santi angeli ed arcangeli che appaiono sulla grotta di Betlemme e cantano festosi e gioiosi l'inno della vera gioia, annunziano la vera e grande buona notizia di sempre e per sempre che è nato a noi il Redentore.
Questa sua venuta nel mondo non fu casuale, ma voluta e scelta proprio da Colui che doveva abbassarsi alla nostra condizione umana e farsi uomo, per salvare l'uomo. Ce lo ricorda in questa giornata mariana, il testo della seconda lettura di oggi, tratto dalla lettera ai Galati e che riporta nel cuore del mistero della natività di Gesù Cristo. Questa venuta di Dio tra gli uomini, questa assunzione della natura umana su di sé ha portato conseguenze di straordinario capovolgimento della storia dell'umanità. Infatti, la venuta di Cristo sulla terra ci conferma nella nostra dignità che siamo figli di Dio. Vogliamo iniziare questo nuovo anno con la benedizione di Mosè sul popolo eletto: "Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace".
A Maria, causa nostrae laetitiae, fonte della nostra gioia, chiediamo per questa umanità, contrassegnata da tante tristezze, il dono della vera gioia. E la gioia cristiana non è l'allegria esteriore e rumorosa che la nostra cultura spesso identifica con questo termine. È invece la serena letizia che nasce dalla certezza di essere amati da Dio, amati personalmente dal nostro Creatore, da colui che tiene nelle sue mani l'universo intero e che ama ciascuno di noi e tutta la grande famiglia umana con un amore appassionato e fedele. Il suo è un amore più grande delle nostre infedeltà e peccati e che - proprio per questo - riscatterà la nostra vita dalla morte. La gioia evangelica è la gioia della fede e della speranza; ma anche la gioia della carità, cioè della comunione con l'amore stesso di Dio. Una gioia che non viene spenta dalle prove e dalle sofferenze che possiamo incontrare, ma si dimostra più forte di esse, dal momento che ha il suo fondamento nell'amore fedele del Padre che si è donato a noi in Gesù Cristo.
Proprio Gesù, venuto a rivelarci e a comunicarci l'amore del Padre, ci ricorda: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Di questa gioia che è frutto dello Spirito Santo (cf Gal 5,22) Maria ha fatto esperienza più di ogni altra creatura. Più di ogni altro Maria «ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore» abbandonandosi con totale fiducia nelle mani di Dio. Per questo è dichiarata beata dalla cugina Elisabetta. E lei stessa canta la gioia che nasce da questo affidamento a Dio con le parole del Magnificat: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore».
In Maria si realizza dunque la profezia di cui ci ha parlato il profeta Zaccaria: «Gioisci, esulta, Figlia di Sion, perché io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zc 2,14). E quanto si realizza in lei è destinato a realizzarsi in ogni battezzato e nell'intera Chiesa del Signore. Guardando a Maria e soprattutto vivendo nei suoi confronti una comunione di amore filiale, ciascuno di noi (e tutta la Chiesa) può percorrere insieme con lei quel pellegrinaggio della fede che l'ha portata a vivere la pienezza della gioia evangelica. Invocando l'aiuto di Maria e facendo affidamento nella sua materna intercessione potremo davvero unirci sempre più profondamente a Gesù e sperimentare quella pienezza di gioia che ci ha promesso: «Ora siete nel dolore, ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (Gv 16,22).
Alla Madonna ci rivolgiamo con questa bellissima espressione tratta dalla lettera "Rallegratevi" a tutti i religiosi: Ave, Madre della gioia, porta gioia a questa umanità. Fa camminare tutti gli uomini verso l'amore e la fratellanza universale, quella che può davvero dare gioia al cuore e luce alle menti. " In Maria è la Chiesa tutta che cammina insieme: nella carità di chi si muove verso chi è più fragile; nella speranza di chi sa che sarà accompagnato in questo suo andare e nella fede di chi ha un dono speciale da condividere. In Maria ognuno di noi, sospinto dal vento dello Spirito vive la propria vocazione ad andare!". Andare verso gli altri, verso il mondo per portare il Dio della gioia, mediante Maria, la Madre della gioia e della pace.
E con il salmo 66 della liturgia odierna cantiamo: "Gioiscano le nazioni e si rallegrino, perché tu giudichi i popoli con rettitudine, governi le nazioni sulla terra. Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti. Ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della terra".
28 Dicembre 2014: Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
Commento al Vangelo nella Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
(Letture: Genesi 15,1-6; 21,1-3; Salmo 104; Ebrei 11,8.11-12.17-19; Luca 2,22-40)
Anno B
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, (Maria e Giuseppe) portarono il bambino (Gesù) a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui...
Portarono il bambino a Gerusalemme. Il figlio è dato ai genitori e da loro è offerto ad un sogno più grande, intrecciato da subito alla sorte di Dio e della città dell'uomo.
Come quel Figlio, i nostri figli non sono nostri, appartengono al Signore, al mondo, alla loro vocazione, ai loro sogni. Ogni bambino è un punto abissale che apre sul futuro di Dio e sull'avvenire del mondo, una libertà che sta ad una profondità misteriosa alla quale non giungeremo mai.
Prima santità della famiglia: nella mia casa ognuno è fessura e varco di un amore più grande della mia casa, quello di Dio. Perché la vita fiorisca in tutta la sua densità e bellezza.
Presentano al Signore il Bambino. I due giovani genitori mostrano che in Gesù, e in ogni esistenza, c'è in gioco una forza più grande di noi, un bene grande che alimenta il nostro amore, una verità immensa che rende possibile la nostra ricerca, una vita piena che riempie la nostra piccola anfora, una fonte che non viene meno, è fedele, è sempre a disposizione, possiamo attingervi ad ogni istante.
Nel tempio il Bimbo passa dalle braccia di Maria a quelle di Simeone, in un gesto carico di fiducia. Simbolo grande, un gesto tenero e forte che invita a prendere fra le proprie braccia, con fiducia, la misteriosa presenza di Dio, che si incarna, che abita, che si offre nel volto, nei gesti, nello sguardo di ognuno dei miei cari.
Siamo tutti, come il vecchio profeta Simeone, occhi stanchi ma accesi di desiderio, piccoli profeti nelle nostre case, capaci di ripetere, a chi vive con noi, parole che sanno di grazia: io ti prendo fra le mie braccia, e stringendo te io stringo la presenza di Dio. Io ti accolgo fra le mie braccia, e abbracciando te, abbraccio la divina presenza.
E la profezia di ogni famiglia prosegue: i miei occhi hanno visto la salvezza del Signore. Parole come benedizione su ognuno che il Signore ha posto sulla mia strada: tu sei per me salvezza che mi cammina a fianco.
Tornarono quindi alla loro casa. E il Bambino cresceva e si fortificava e la grazia di Dio era su di lui. Profezia e magistero della famiglia sono i più grandi, molto più importanti ancora di quelli del tempio, sono quelli sempre necessari. Il volto di chi mi vuol bene è il primo sacramento (segno efficace e visibile) dell'amore di Dio.
Ogni tavola, in ogni casa, è un altare: primo altare dove la vita celebra la sua festa, le sue lacrime, le sue speranze. Ed è da questo altare che deriva poi quello della Chiesa. Al tempio Dio preferisce la casa: mi guarda, mi accarezza con gli occhi di chi vive con me. Mio primo profeta è colui che cammina al mio fianco, mia prima grazia colei che avanza nella vita con me.