IV Domenica di Avvento
Commento al Vangelo della IV Domenica di Avvento
Lc 1, 39-48
Anno C
La quarta domenica di Avvento, ultima tappa del nostro cammino in preparazione al Natale, è una domenica le cui letture sono di una straordinaria ricchezza; in modo particolare lo è l’episodio del Vangelo, la visita di Maria ad Elisabetta.
Questo episodio è di una poesia e di una profondità spirituale densissima. In esso traspaiono tante cose, ma soprattutto viene subito in evidenza la gioia di Maria, una grande gioia e fede di Maria che culmina nel canto del Magnificat. È la gioia per il bambino che essa porta in grembo, Gesù fonte della gioia. È la gioia per la certezza che Dio salverà il mondo. Il bambino che essa porta in grembo è la prova del grande amore di Dio per il mondo, la certezza che Dio ama il mondo e lo vuole salvare. E la gioia e la certezza che tutto questo si realizzerà attraverso di lei pur nella consapevolezza della sua umiltà.
Questa gioia la vuole comunicare ad Elisabetta e naturalmente al bambino che essa porta in grembo, come anche a tutto il mondo, perché Elisabetta qui sta a significare tutto il popolo di Israele e tutta l’umanità.
E questo il messaggio che il Vangelo di oggi vuole trasmettere a noi. Vuole farci partecipi della gioia di Maria e anche della sua certezza riguardante la salvezza del mondo. Tutti gli anni il Vangelo della quarta domenica di Avvento ci presenta un episodio attraverso il quale Dio vuole ravvivare in noi questa certezza dell’amore che Lui ha per il mondo.
Pensiamo ad esempio al nostro mondo. È un mondo che fa paura, è un mondo che ha degli aspetti di immoralità, di violenza e di spirito di rivolta verso Dio veramente impressionanti, è un mondo che raggiunge il colmo della superbia e dell’orgoglio; eppure Dio lo ama lo stesso, lo ama sempre, Dio lo vuole salvare. E lo vuole salvare attraverso una comunità, un popolo nuovo, che sappia testimoniare la fede e l’amore di Maria. E questo popolo siamo noi, chiamati ad essere portatori di Gesù al mondo come lo è stato Maria. E questo noi lo potremo fare se sapremo vivere la parola e la grazia di Gesù come Maria.
E qui viene spontaneo pensare ad un concetto fondamentale della vita cristiana (sul quale purtroppo si riflette molto poco) e cioè che la vita della grazia, la vita di Gesù in noi, se c’è, si comunica e si irradia immancabilmente attorno a noi. Il brano evangelico di oggi ci dice che Elisabetta ha avvertito la presenza di Gesù in Maria al suo saluto ed anche il bambino che essa portava in grembo lo ha avvertito. Questo dettaglio molto delicato si presta assai bene per dirci che anche noi siamo chiamati ad essere portatori di Gesù al mondo. In altre parole anche gli altri, quelli che ci accosteranno, che noi incontreremo, con i quali entreremo in rapporto, avvertiranno la presenza di Gesù se c’è in noi, se vive in noi attraverso la grazia e la sua parola vissuta.
Volendomi spiegare con un esempio preso da una esperienza, che forse anche voi avete fatto, quando noi leggiamo le parole, lo scritto di un’anima che ha veramente vissuto il vangelo (pensate a persone che voi avete conosciuto e che sono morte in concetto di santità), noi rimaniamo scossi e toccati, non possiamo rimanere indifferenti. Attraverso quello scritto è Gesù presente in quella anima che si comunica a noi. E questo Gesù lo opera anche attraverso ognuno di noi nella misura in cui Gesù vive dentro di noi.
Oggi il mondo ha sempre più bisogno di cristiani i quali siano portatori di Gesù. Gesù lo si comunica con la vita prima ancora che con i discorsi e le belle parole.
Pensiamo a quello che avverrebbe se la comunità cristiana vivesse di più, quali effetti avrebbe sul mondo.
E questo l’appello che ci viene da Maria: quello cioè di vivere la parola di Gesù e la sua grazia come Lei in modo che il mondo circostante senta la presenza di Gesù.