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  • Celebrazione Santa Messa ore 11.00 in streaming

    Domenica-17-maggio-commento-di-don-renato-De-Zan articleimage    Anche oggi, Domenica 17 Maggio,

    VI DOMENICA DI PASQUA

     

     alle ore 11.00

    è possibile collegarsi in streaming con il nostro sito http://www.cuoreimmacolatoalbano.it/

     

  • I Sacri Riti della Settimana Santa in diretta streaming

    DIOCESI SUBURBICARIA DI ALBANO UFFICIO LITURGICO
    Disposizioni per la Settimana Santa

     

    2012d71f-ac15-410f-b9a1-e69af72aab5dNei giorni passati sono stati pubblicati, sia dalla Congregazione per il Culto Divino che dalla Conferenza Episcopale Italiana, degli orientamenti per le Celebrazioni della Settimana Santa. Alla luce di quanto riportato nei testi citati, allegati alla presente, il Vescovo, dopo avere udito nei giorni scorsi il Vicario Generale ha dato mandato all'Ufficio Liturgico Diocesano di trasmettere ai Parroci e a tutti i Sacerdoti le disposizioni che seguono, alle quali in tutta la Diocesi ci si dovrà senz'altro attenere per le prossime Celebrazioni Pasquali 2020.

     Gli stessi invitino i fedeli a unirsi spiritualmente durante i Sacri Riti dalle proprie abitazioni, anche grazie alla trasmissione in diretta dei vari momenti celebrativi. In questa prospettiva, per garantire una adeguata qualità dei mezzi di trasmissione audio e video, le Celebrazioni del Triduo Pasquale presiedute in Cattedrale dal Vescovo saranno trasmesse, sui canali social della Diocesi:

  • Pasqua 2019

  • Lista premi lotteria Festa Titolare 2018

  • 30 Aprile 2017: III Domenica di Pasqua

    III Domenica di Pasqua

    Letture: Atti 2,14.22-33; Salmo 15; 1 Pietro 1,17-21; Luca 24,13-35

    Anno A

     

    Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». [...]

     

    La strada di Emmaus racconta di cammini di delusione, di sogni in cui avevano tanto investito e che hanno fatto naufragio. E di Dio, che ci incontra non in chiesa, ma nei luoghi della vita, nei volti, nei piccoli gesti quotidiani.
    I due discepoli hanno lasciato Gerusalemme: tutto finito, si chiude, si torna a casa. Ed ecco che un Altro si avvicina, uno sconosciuto che offre soltanto disponibilità all'ascolto e il tempo della compagnia lungo la stessa strada.
    Uno che non è presenza invadente di risposte già pronte, ma uno che pone domande. Si comporta come chi è pronto a ricevere, non come chi è pieno di qualcosa da offrire, agisce come un povero che accetta la loro ospitalità.
    Gesù si avvicinò e camminava con loro. Cristo non comanda nessun passo, prende il mio. Nulla di obbligato. Ogni camminare gli va. Purché uno cammini. Gli basta il passo del momento, il passo quotidiano.
    E rallenta il suo passo sulla misura del nostro, incerto e breve. Si fa viandante, pellegrino, fuggitivo, proprio come i due; senza distanza né superiorità li aiuta a elaborare, nel racconto di ciò che è accaduto, la loro tristezza e la loro speranza: Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?
    Non hanno capito la croce, il Messia sconfitto, e lui riprende a spiegare: interpretando le Scritture, mostrava che il Cristo doveva patire.
    I due camminatori ascoltano e scoprono una verità immensa: c'è la mano di Dio posata là dove sembra impossibile, proprio là dove sembra assurdo, sulla croce. Così nascosta da sembrare assente, mentre sta tessendo il filo d'oro della tela del mondo. Forse, più la mano di Dio è nascosta più è potente.
    E il primo miracolo si compie già lungo la strada: non ci bruciava forse il cuore mentre ci spiegava le Scritture? Trasmettere la fede non è consegnare nozioni di catechismo, ma accendere cuori, contagiare di calore e di passione. E dal cuore acceso dei due pellegrini escono parole che sono rimaste tra le più belle che sappiamo: resta con noi, Signore, perché si fa sera. Resta con noi quando la sera scende nel cuore, resta con noi alla fine della giornata, alla fine della vita. Resta con noi, e con quanti amiamo, nel tempo e nell'eternità.
    E lo riconobbero dal suo gesto inconfondibile, dallo spezzare il pane e darlo.
    E proprio in quel momento scompare. Il Vangelo dice letteralmente: divenne invisibile. Non se n'è andato altrove, è diventato invisibile, ma è ancora con loro. Scomparso alla vista, ma non assente. Anzi, in cammino con tutti quelli che sono in cammino, Parola che spiega, interpreta e nutre la vita. È sulla nostra stessa strada, «cielo che prepara oasi ai nomadi d'amore» (G. Ungaretti).

     

  • La nostra Socia più longeva dell'AC!

     

  • 23 Aprile 2017: II Domenica di Pasqua

    II Domenica di Pasqua

    Letture: Atti 2,42-47; Salmo 117; 1 Pietro 1,3-9; Giovanni 20,19-31

    Anno A

     

    La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». [...]

     

    I discepoli erano chiusi in casa per paura. È un momento di disorientamento totale: l'amico più caro, il maestro che era sempre con loro, con cui avevano condiviso tre anni di vita, quello che camminava davanti, per cui avevano abbandonato tutto, non c'è più. L'uomo che sapeva di cielo, che aveva spalancato per loro orizzonti infiniti, è ora chiuso in un buco nella roccia. Ogni speranza finita, tutto calpestato (M. Marcolini). E in più la paura di essere riconosciuti e di fare la stessa fine del maestro.
    Ma quegli uomini e quelle donne fanno una scelta sapiente, forte, buona: stanno insieme, non si separano, fanno comunità. Forse sarebbero stati più sicuri a disperdersi fra la folla e le carovane dei pellegrini. Invece, appoggiando l'una all'altra le loro fragilità, non si sbandano e fanno argine allo sgomento. Sappiamo due cose del gruppo: la paura e il desiderio di stare insieme.
    Ed ecco che in quella casa succederà qualcosa che li rovescerà come un guanto: il vento e il fuoco dello Spirito. Germoglia la prima comunità cristiana in questo stringersi l'uno all'altro, per paura e per memoria di Lui, e per lo Spirito che riporta al cuore tutte le sue parole. Quella casa è la madre di tutte le chiese.
    Otto giorni dopo, erano ancora lì tutti insieme. Gesù ritorna, nel più profondo rispetto: invece di imporsi, si propone; invece di rimproverarli, si espone alle loro mani: Metti, guarda; tendi la mano, tocca.
    La Risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, non ha rimarginato le labbra delle ferite. Perché la morte di croce non è un semplice incidente da superare: quelle ferite sono la gloria di Dio, il vertice dell'amore, e resteranno aperte per sempre.
    Il Vangelo non dice che Tommaso abbia toccato. Gli è bastato quel Gesù che si ripropone, ancora una volta, un'ennesima volta; quel Gesù che non molla i suoi, neppure se l'hanno abbandonato tutti. È il suo stile, è Lui, non ti puoi sbagliare. Allora la risposta: Mio Signore e mio Dio. Mio, come lo è il respiro e, senza, non vivrei. Mio come il cuore e, senza, non sarei.
    Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! Grande educatore, Gesù. Forma alla libertà, a essere liberi dai segni esteriori, e alla serietà delle scelte, come ha fatto Tommaso.
    Che bello se anche nella Chiesa, come nella prima comunità, fossimo educati più alla consapevolezza che all'ubbidienza; più all'approfondimento che alla docilità.
    Queste cose sono state scritte perché crediate in Gesù, e perché, credendo, abbiate la vita. Credere è l'opportunità di essere più vivi e più felici, di avere più vita: «Ecco io credo: e carezzo la vita, perché profuma di Te!» (Rumi).

  • Lotteria Festa Titolare 2017: i premi

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  • 16 Aprile 2017: Domenica di Pasqua

    Domenica di Pasqua

    Letture: Atti 10,34a.37-43; Salmo 117; Colossesi 3,1-4; Giovanni 20,1-9

    Anno A

     

    Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. (...)

     

    Come il sole, Cristo ha preso il proprio slancio nel cuore di una notte: quella di Natale – piena di stelle, di angeli, di canti, di greggi – e lo riprende in un'altra notte, quella di Pasqua: notte di naufragio, di terribile silenzio, di buio ostile su di un pugno di uomini e di donne sgomenti e disorientati. Le cose più grandi avvengono di notte.
    Maria di Magdala esce di casa quando è ancora buio in cielo e buio in cuore. Non porta olii profumati o nardo, non ha niente tra le mani, ha solo la sua vita risorta: da lei Gesù aveva cacciato sette demoni.
    Si reca al sepolcro perché si ribella all'assenza di Gesù: «amare è dire: tu non morirai!» (Gabriel Marcel). E vide che la pietra era stata tolta. Il sepolcro è spalancato, vuoto e risplendente nel fresco dell'alba, aperto come il guscio di un seme. E nel giardino è primavera.
    I Vangeli di Pasqua iniziano raccontando ciò che è accaduto alle donne in quell'alba piena di sorprese e di corse. La tomba, che avevano visto chiudere, è aperta e vuota.
    Lui non c'è. Manca il corpo del giustiziato. Ma questa assenza non basta a far credere: hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno messo.
    Un corpo assente. È da qui che parte in quel mattino la corsa di Maddalena, la corsa di Pietro e Giovanni, la paura delle donne, lo sconcerto di tutti. Il primo segno è il sepolcro vuoto, e questo vuol dire che nella storia umana manca un corpo per chiudere in pareggio il conto degli uccisi. Una tomba è vuota: manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita. Manca un corpo al bilancio della violenza, il suo bilancio è negativo. La Risurrezione di Cristo solleva la nostra terra, questo pianeta di tombe, verso un mondo nuovo, dove il carnefice non ha ragione della sua vittima in eterno, dove gli imperi fondati sulla violenza crollano, e sulle piaghe della vita si posa il bacio della speranza.
    Pasqua è il tema più arduo e più bello di tutta la Bibbia. Balbettiamo, come gli evangelisti, che per tentare di raccontarla si fecero piccoli, non inventarono parole, ma presero in prestito i verbi delle nostre mattine, svegliarsi e alzarsi: si svegliò e si alzò il Signore.
    Ed è così bello pensare che Pasqua, l'inaudito, è raccontata con i verbi semplici del mattino, di ognuno dei nostri mattini, quando anche noi ci svegliamo e ci alziamo. Nella nostra piccola risurrezione quotidiana.
    Quel giorno unico è raccontato con i verbi di ogni giorno. Pasqua è qui, adesso. Ogni giorno, quel giorno. Perché la forza della Risurrezione non riposa finché non abbia raggiunto l'ultimo ramo della creazione, e non abbia rovesciato la pietra dell'ultima tomba (Von Balthasar).

     

     

     

  • 9 Aprile 2017: Domenica delle Palme

    Domenica delle Palme

    Letture: Isaia 50,4-7; Salmo 21; Filippesi 2,6-11; Matteo 26,14- 27,66

    Anno A

     

    In quel tempo Gesù comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla. Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. (...)

     

    Si aprono, con la lettura della Passione del Signore, i giorni supremi, quelli da cui deriva e a cui conduce tutta la nostra fede. E quelli che fanno ancora innamorare.
    Volete sapere qualcosa di voi e di me? – dice il Signore – Vi dò un appuntamento: un uomo in croce. La croce è l'immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. E tuttavia domanda perennemente aperta.
    «A stento il nulla» di David Maria Turoldo:
    No, credere a Pasqua non è / Giusta fede: / troppo bello sei a Pasqua! / Fede vera / È al venerdì santo / Quando tu non c'eri lassù / Quando non una eco risponde / Al suo alto grido / E a stento il Nulla / Dà forma / Alla tua assenza
    E prima ancora l'appuntamento di Gesù è stato un altro: uno che è posto in basso. Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi. Chi è Dio? Il mio lavapiedi. In ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei piedi. Davvero, come Pietro, vorrei dire: lascia, smetti, non fare così, è troppo. E Lui: sono come lo schiavo che ti aspetta, e al tuo ritorno ti lava i piedi. Ha ragione Paolo: il cristianesimo è scandalo e follia. Dio è così: è bacio a chi lo tradisce, non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue. Non chiede più sacrifici, sacrifica se stesso.
    Ne esce capovolta ogni immagine, ogni paura di Dio. Ed è ciò che ci permette di tornare ad amarlo da innamorati e non da sottomessi.
    La suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, a un legno per morirvi d'amore.
    Pietra angolare della fede cristiana è la cosa più bella del mondo: bello è chi ama, bellissimo chi ama fino alla fine. L'ha colto per primo non un discepolo ma un estraneo, il centurione pagano: davvero costui era figlio di Dio. Non da un sepolcro che si apre, non da uno sfolgorare di luce, ma nella nudità di quel venerdì, vedendo quell'uomo sulla croce, sul patibolo, sul trono dell'infamia, un verme nel vento, un soldato esperto di morte dice: davvero costui era figlio di Dio. Ha visto qualcuno morire d'amore, ha capito che è cosa da Dio.
    C'erano là molte donne che stavano ad osservare da lontano. In quello sguardo, lucente d'amore e di lacrime, in quell'aggrapparsi con gli occhi alla croce, è nata la Chiesa. E rinasce ogni giorno in chi ha verso Cristo, ancora crocifisso nei suoi fratelli, lo stesso sguardo di amore e di dolore. Che circola nelle vene del mondo come una possente energia di pasqua.
    «Dalla fine» di Jan Twardowski:
    Inizia dalla Risurrezione / Dal sepolcro vuoto / Da Nostra Signora della Gioia / Allora perfino la croce allieterà.../ Non fate di me una piagnucolona / Dice Nostra Signora / Una volta era così / Ora è diverso / Inizia dal sepolcro vuoto / Dal sole / Il vangelo si legge come le lettere ebraiche / Dalla fine.

  • 1° Maggio 2016: VI Domneica di Pasqua

    VI Domenica di Pasqua

    Letture: Atti 15,1-2.22-29; Salmo 66; Apocalisse 21, 10-14.22-23; Giovanni 14,23-29

    Anno C

     

    In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

     

    Se uno mi ama, osserverà la mia parola. Il primo posto nel Vangelo non spetta alla morale, ma alla fede, che è una storia d'amore con Dio, uno stringersi a Lui come di bambino al petto della madre e non la vuol lasciare, perché è vita. Se uno mi ama, vivrà la mia Parola. E noi abbiamo capito male, come se fosse scritto: osserverà i miei comandamenti. Ma la Parola non si riduce a comandamenti, è molto di più. La Parola «opera in voi che credete» (1 Ts 2,13), crea, genera, accende, spalanca orizzonti, illumina passi, semina di vita i campi della vita.
    Noi pensiamo: Se osservo le sue leggi, io amo Dio. E non è così, perché puoi essere un cristiano osservante anche per paura, per ricerca di vantaggi, o per sensi di colpa.
    Ci hanno insegnato: se ti penti, Dio ti userà misericordia. Invece la misericordia previene il pentimento, il tempo della misericordia è l'anticipo, quello di Dio è amore preveniente.
    Cosa vuol dire amare il Signore Gesù? Come si fa? L'amore a Dio è un'emozione, un gesto o molti gesti di carità, molte preghiere e sacrifici? No. Amare comincia con una resa a Dio, con il lasciarsi amare. Dio non si merita, si accoglie.
    Proprio come continua il Vangelo oggi: e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Noi siamo il cielo di Dio, abitato da Dio intero, cielo spazioso in cui spazia il Signore della vita. Un campo dove cade pioggia di vita, in cui il sole sveglia i germogli del grano. Capisco che non posso fare affidamento sui pochi centesimi di amore che soli mi appartengono, non bastano per quasi nulla. Nei momenti difficili, se non ci fossi tu, Padre saldo, Figlio tenero, Spirito vitale, cosa potrei comprare con le mie monetine? Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto. Si tratta di una affermazione che scintilla di profezia. Insegnare e ricordare, sono i due verbi dove soffia lo Spirito:
    il riportare al cuore le grandi parole di Gesù e l'apprendimento di nuove sillabe divine;
    ciò che è stato detto "in quei giorni" e ciò che lo Spirito continua a insegnare in questo tempo. L'umiltà di Gesù: neppure lui ha insegnato tutto, se ne va e avrebbe ancora cose da trasmettere. La libertà di Gesù: non chiude i suoi dentro recinti di parole ma insegna sentieri, spazi di ricerca e di scoperta, dove ha casa lo Spirito. Che bella questa Chiesa e questa umanità profetiche, catturate dal Soffio di Dio! Questo Spirito che convoca tutti, non soltanto i profeti di un tempo, o le gerarchie di oggi, ma tutti noi, toccati al cuore da Cristo e che non finiamo di inseguirne le tracce. E ci fa rinascere come cercatori d'oro, impegnati a inventare luoghi dove si parli con amore dell'Amore.

  • 24 Aprile 2016: V Domenica di Pasqua

    V Domenica di Pasqua

    Letture: Atti 14, 21-27; Salmo 144; Apocalisse 21, 1-5; Giovanni 13, 31-35

    Anno C

     

    Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri»

     

    Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.
    Ma si può comandare di amare? Un amore imposto è una caricatura, frustrante per chi ama, ingannatore per chi è amato.
    Amare, nella logica del Vangelo, non è un obbligo, ma una necessità per vivere, come respirare: «Abbiamo bisogno tutti di molto amore per vivere bene» (J. Maritain). È comandamento nel senso di fondamento del destino del mondo e della sorte di ognuno: amatevi gli uni gli altri, cioè tutti, altrimenti la ragione sarà sempre del più forte, del più violento o del più astuto.
    «Nuovo» lo dichiara Gesù. In che cosa consiste la novità di queste parole se anche nella legge di Mosè erano già riportate: amerai il prossimo tuo come te stesso?
    Essa emerge dalle parole successive. Gesù non dice semplicemente «amate». Non basta amare, potrebbe essere solo una forma di possesso e di potere sull'altro, un amore che prende tutto e non dona niente. Ci sono anche amori violenti e disperati. Amori molto tristi e perfino distruttivi.
    Il Vangelo aggiunge una parola particolare: amatevi gli uni gli altri. In un rapporto di comunione, in un faccia a faccia, a tu per tu. Nella reciprocità: amore dato e ricevuto; dare e ricevere amore è ciò su cui si pesa la felicità di questa vita.
    Non si ama l'umanità in generale; si ama quest'uomo, questo bambino, questo straniero, questo volto. Immergendosi nella sua intimità concreta. Si amano le persone ad una ad una, volto per volto. O dodici a dodici, come ha fatto Francesco con i dodici profughi siriani di Lesbo.
    Ma la novità evangelica non si riduce soltanto a questo. Gesù aggiunge il segreto della differenza cristiana: come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri.
    Lo specifico del cristiano non è amare, lo fanno già molti, in molti modi, sotto tutti i cieli. Bensì amare come Gesù. Non quanto lui, impossibile per noi vivere la sua misura, ma come, con lo stile unico di Gesù, con la rivoluzione della tenerezza combattiva, con i capovolgimenti che ha portato. Libero e creativo, ha fatto cose che nessuno aveva fatto mai: se io vi ho lavato i piedi così fate anche voi, fatelo a partire dai più stanchi, dai più piccoli, dagli ultimi. Gesù ama per primo, ama in perdita, ama senza contare. Venuto come racconto inedito della tenerezza del Padre.
    Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri. «Non basta essere credenti, dobbiamo essere anche credibili» (Rosario Livatino). Dio non si dimostra, si mostra.
    Ognuno deve farsi, come Lui, racconto inedito del volto d'amore di Dio, canale non intasato, vena non ostruita, attraverso la quale l'amore, come acqua che feconda, circoli nel corpo del mondo.

     

  • 17 Aprile 2016: IV Domenica di Pasqua

    IV Domenica di Pasqua

    Letture: Atti 13,14.43-52; Salmo 99; Apocalisse 7,9.14-17; Giovanni 10,27-30

    Anno C

     

    In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
    Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

     

    Le mie pecore ascoltano la mia voce. Prima grande sorpresa: una voce attraversa le distanze, un io si rivolge a un tu, il cielo non è vuoto.
    Perché le pecore ascoltano? Perché il pastore non si impone, si propone; perché quella voce parla al cuore, e risponde alle domande più profonde di ogni vita.
    Io conosco le mie pecore. Per questo la voce tocca ed è ascoltata: perché conosce cosa abita il cuore. La samaritana al pozzo aveva detto: venite, c'è uno che mi ha detto tutto di me. Bellissima definizione del Signore: Colui che dice il tutto dell'uomo, che risponde ai perché ultimi dell'esistenza.
    Le mie pecore mi seguono. Seguono il pastore perché si fidano di lui, perché con lui è possibile vivere meglio, per tutti. Seguono lui, cioè vivono una vita come la sua, diventano in qualche modo pastori, e voce nei silenzi, e nelle vite degli altri datori di vita.
    Il Vangelo mostra le tre caratteristiche del pastore: Io do loro la vita eterna / non andranno mai perdute / nessuno le rapirà dalla mia mano!
    Io do la vita eterna, adesso, non alla fine del tempo. È salute dell'anima ascoltare, respirare queste parole: Io do loro la vita eterna! Senza condizioni, prima di qualsiasi risposta, senza paletti e confini. La vita di Dio è data, seminata in me come un seme potente, seme di fuoco nella mia terra nera. Come linfa che risale senza stancarsi, giorno e notte, e si dirama per tutti i tralci, dentro tutte le gemme. Le vicende di Galilea, la tragedia del Golgota, le parole di Cristo, che vengono come fiamma e come manna, non hanno altro scopo che questo: darci una vita piena di cose che meritano di non morire, di una qualità e consistenza capaci di attraversare l'eternità.
    Il Vangelo prosegue con un raddoppio straordinario: Nessuno le strapperà dalla mia mano. Poi, come se avessimo ancora dei dubbi: nessuno le può strappare dalla mano del Padre.
    È il pastore della combattiva tenerezza.
    Io sono un amato non strappabile dalle mani di Dio, legame non lacerabile. Come passeri abbiamo il nido nelle sue mani, come bambini ci aggrappiamo forte a quella mano che non ci lascerà cadere, come innamorati cerchiamo quella mano che scalda la solitudine, come crocefissi ripetiamo: nelle tue mani affido la mia vita.
    Il Vangelo è una storia di mani, un amore di mani.
    Mani di pastore forte contro i lupi, mani tenere impigliate nel folto della mia vita, mani che proteggono il mio lucignolo fumigante, mani sugli occhi del cieco, mani che sollevano la donna adultera a terra, mani sui piedi dei discepoli, mani inchiodate e poi ancora offerte: Tommaso, metti il dito nel foro del chiodo! Mani piagate offerte come una carezza perché io ci riposi e riprenda il fiato del coraggio.

  • Da Opera a Villa Ferraioli: le ostie dei carcerati

    Le ostie consacrate nella Messa in Coena Domini sono state prodotte e donate da quattro detenuti della Casa di Reclusione di Milano – Opera.

    Di seguito è riportata la loro testimonianza:

  • Elenco Premi Lotteria 2016

  • 10 Aprile 2016: III Domenica di Pasqua

    III Domenica di Pasqua

    Letture: Atti 5,27-32.40-41; Salmo 29; Apocalisse 5,11-14; Giovanni 21,1-19

    Anno C

     

    In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete» . La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!» (...)

     

    Una mattina sul lago, dopo che Gesù ha preparato il cibo, come una madre, per i suoi amici che tornano da una notte vuota, lo stupendo dialogo tra il Risorto e Pietro, fatto con gli occhi ad altezza del cuore. Tre richieste uguali e ogni volta diverse, il più bel dialogo di tutta la letteratura mondiale: Simone di Giovanni mi ami più di tutti? Mi ami? Mi vuoi bene?
    È commovente l'umanità di Gesù. Vorrei dire, senza paura di contraddizioni, che questo è il Dio di totale umanità, e che l'ho scelto per questo.
    Gesù è risorto, sta tornando al Padre, eppure implora amore, amore umano. Lui che ha detto a Maddalena: «non mi trattenere, devo salire», è invece trattenuto sulla terra da un bisogno, una fame umanissima e divina. Può andarsene se è rassicurato di essere amato.
    Devo andare e vi lascio una domanda: ho suscitato amore in voi?
    Non chiede a Simone: Pietro, hai capito il mio messaggio? È chiaro ciò che ho fatto? Ciò che devi annunciare agli altri? Le sue parole ribaltano le attese: io lascio tutto all'amore, non a dottrine, non a sistemi di pensiero, neppure a progetti di qualche altro tipo. Il mio progetto, il mio messaggio è l'amore.
    Gesù, Maestro di umanità, usa il linguaggio semplice degli affetti, domande risuonate sulla terra infinite volte, sotto tutti i cieli, in bocca a tutti gli innamorati che non si stancano di domandare e di sapere: Mi ami? Mi vuoi bene?
    Semplicità estrema di parole che non bastano mai, perché la vita ne ha fame insaziabile; di domande e risposte che anche un bambino capisce, perché è quello che si sente dire dalla mamma tutti i giorni. Il linguaggio delle radici profonde della vita coincide con il linguaggio religioso. Prodigiosa semplificazione: le stesse leggi reggono la vita e il vangelo, il cuore e il cielo.
    In quel tempo, in questo tempo. Gesù ripete: a voi che, come Pietro, non siete sicuri di voi stessi a causa di tanti tradimenti, ma che nonostante tutto mi amate, a voi affido il mio vangelo.
    Il miracolo è che la mia debolezza inguaribile, tutta la mia fatica per niente, le notti di pesca senza frutto, i tradimenti, non sono una obiezione per il Signore, ma una occasione per essere fatti nuovi, per stare bene con Lui, per capire di più il suo cuore e rinnovare la nostra scelta per Lui.
    Questo interessa al Maestro: riaccendere lo stoppino dalla fiamma smorta (Is 42,3), un cuore riacceso, una passione risorta: «Pietro, mi ami tu adesso?». Santità è rinnovare la passione per Cristo, adesso.
    La legge tutta è preceduta da un "sei amato" e seguita da un "amerai". Sei amato, fondazione della legge; amerai, il suo compimento.
    Chiunque astrae la legge da questo fondamento amerà il contrario della vita (P. Beauchamp).

  • Pellegrinaggio Giubilare

  • Foto settimana santa 2016

    Per vedere le foto della Settimana Santa 2016, clicca qui.

  • Settimana Santa 2016

    Via Crucis del quartiere - 18 Marzo 2016

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    Domenica delle palme - 20 Marzo 2016

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    Giovedì Santo - Messa in coena Domini - 24 Marzo 2016

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    Venerdì Santo - Lettura della Passione - 25 Marzo 2016

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    Sabato Santo - Veglia Pasquale - 26 Marzo 2016

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  • 3 Aprile 2016: II Domenica di Pasqua

    II Domenica di Pasqua

    Anno C

    Letture: Atti 5,12-16; Salmo 117; Apocalisse 1,9-11.12-13.17-19; Giovanni 20,19-31

     

    La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo»(....).

     

    La sera di Pasqua il Signore entra in quella stanza chiusa, porte e finestre sbarrate, dove manca l'aria e si respira paura. Solo Tommaso ha il coraggio di andare e venire.
    Soffiò e disse loro: ricevete lo Spirito Santo. Su quel pugno di creature, chiuse e impaurite, inaffidabili, scende il vento delle origini, il vento che soffiava sugli abissi, che scuote le porte chiuse del cenacolo: come il Padre ha mandato me anch'io mando voi. Voi come me. E li manda così come sono, poca cosa davvero, un gruppetto alla sbando. Ma ora c'è in loro "un di più": c'è il suo Spirito, il segreto di Gesù, il suo respiro, ciò che lo fa vivere: a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati. Ecco il respiro, l'essenza, lo spirito di Dio: per vivere Dio ha bisogno di perdonare. Per essere Padre ha la necessità di abbracciare ogni figlio che torna, deve andare da ogni figlio maggiore che non capisce, cercare ogni pecora che si perde. La misericordia è un bisogno di Dio, non un attributo fra altri, ma l'identità stessa del Padre, una necessità: oggi devo fermarmi a casa tua.
    Prima missione, primo lavoro, prima evangelizzazione che consegna ai riempiti del Soffio di Dio: voi perdonerete..., con l'atto creativo del perdono che riapre il futuro, che tira fuori la farfalla dal bruco, dal verme che mi sembra o temo di essere.
    Otto giorni dopo è ancora lì: l'abbandonato ritorna da quelli che sanno solo abbandonare. Li ha inviati per le strade, e li ritrova ancora in quella stanza chiusa. Ma Gesù accompagna con delicatezza infinita la fede piccola dei suoi, con umanità suprema gestisce l'imperfezione delle vite di tutti. Non ci chiede di essere perfetti, ma di essere autentici; non di essere immacolati, ma di essere incamminati.
    E si rivolge a Tommaso che lui aveva educato alla libertà interiore, a dissentire, che lui aveva fatto rigoroso e coraggioso, grande in umanità.
    Invece di imporsi, si propone alle sue mani: Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco. Gesù rispetta la sua fatica e i suoi dubbi; rispetta i tempi di ciascuno e la complessità del vivere. Lui non si scandalizza, si ripropone, anzi si espone con le sue ferite aperte.
    La risurrezione non annulla la croce, non ha richiuso i fori dei chiodi, non ha rimarginato le labbra delle ferite. Croce e Pasqua sono un unico movimento, un'unica vicenda. Perché la morte di croce non è un semplice incidente da superare, da annullare, è invece qualcosa che deve restare per l'eternità, gloria e vanto di Cristo: le sue piaghe sono il vertice dell'amore, le sue ferite sono diventate le feritoie della più grande bellezza della storia.

  • Lotteria Festa Titolare 2015

    elenco premi per la lotteria festa Titolare 2015

  • Il giorno più bello di Sara e Saretto

    Oggi, domenica 12 Aprile 2015, tutta la comunità parrocchiale ha partecipato con gioia al matrimonio di due ragazzi, Sara e Saretto, i quali hanno voluto condividere con noi questo momento così importante. Auguriamo loro tanta felicità e serenità per il loro cammino insieme! 

     

  • Ordinazioni Sacerdotali

    25 aprile

  • S. Pasqua 2014

    PROGRAMMA CELEBRAZIONI  DELLA SETTIMANA SANTA  

    Domenica delle Palme:                                                  

    S. Messe: 8.00; 10.00; 11.30; 18.00

     

    Benedizione delle Palme                                        

    Sabato alle ore 18.00 (in Chiesa)

    Domenica alle ore 11.30 (presso il Crocifisso situato tra viale Luciano Scalchi e via Risorgimento - di fronte ACI)

  • Venerdì 11 Aprile la Via Crucis per le Vie del Quartiere

  • Ordinazione Diaconale per Don Gabriele D' Annibale

     

    Il carissimo Seminarista Gabriele D' Annibale sarà ordinato Diacono dal nostro Vescovo Marcello, Domenica 9 Giugno, alle ore 18.30 nella Basilica Cattedrale "San Pancrazio Martire.

    Attualmente Gabriele, che ha terminato gli studi dopo sette anni trascorsi al Collegio Leoniano di Anagni, svolge il suo servizio presso la Chiesa della Santissima Trinità in Genzano.

    Dunque due comunità parrocchiali in festa!

  • Nuova nomina per il nostro Vescovo

    Dal sito web della Diocesi Suburbicaria di Albano

     

     

    Sabato 13 aprile il Santo Padre Francesco, riprendendo un suggerimento emerso nel corso delle Congregazioni Generali precedenti il Conclave, ha costituito un gruppo di Cardinali per consigliarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana.

    La Diocesi di Albano, contenta per tale evento, ringrazia il Santo padre per aver scelto per tale incarico il propio vescovo, al quale augura un buon servizio nella Chiesa universale.

    Tale gruppo è costituito da:

    - Card. Giuseppe Bertello, Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano;
    - Card. Francisco Javier Errázuriz Ossa, Arcivescovo emerito di Santiago de Chile (Cile);
    - Card. Oswald Gracias, Arcivescovo di Bombay (India);
    - Card. Reinhard Marx, Arcivescovo di München und Freising (Germania);
    - Card. Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo);
    - Card. Sean Patrick O’Malley, O.F.M. Cap., Arcivescovo di Boston (U.S.A.);
    - Card. George Pell, Arcivescovo di Sydney (Australia);
    - Card. Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, S.D.B., Arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), con funzione di coordinatore;
    - S.E. Mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano, con funzione di segretario.

    La prima riunione collettiva del gruppo è stata fissata per i giorni 1 - 3 ottobre 2013; Sua Santità è tuttavia sin d’ora in contatto con i menzionati Cardinali.

    Di seguito le parole del vescovo


    La scelta del Santo Padre di affidarmi l’ufficio di Segretario per il gruppo di Cardinali deputato a consigliarlo nel governo della Chiesa universale e pure incaricato di studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia Romana, suscita nel mio animo sentimenti di gratitudine e al tempo stesso di rinnovato impegno nel servizio alla Chiesa, che ora mi viene domandato di allargare a questa nuova e specifica funzione. Mi rasserena e mi conforta il ricordo della collaborazione offerta all’allora card. Bergoglio, vissuta per un intero mese nel contesto dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi del 2001, dov’egli fu Relatore generale. Il rilievo dell’odierna scelta papale mi pare si possa inquadrare anzitutto nell’accoglienza di istanze – come è stato sottolineato nel comunicato della Segreteria di Stato – emerse a più voci nel corso delle Congregazioni generali anteriori al Conclave. Un altro aspetto lo coglierei nella «novità» di questo organismo che indubbiamente arricchisce e amplifica le forme della comunione anche in quelli che potrebbero essere intesi come i vertici della istituzione ecclesiastica. Ampliare gli spazi della communio: mi pare che anche questo sia implicito in questa ultima scelta di Papa Francesco, convinto come sono che nella medesima direzione della communio debbano leggersi pure i recenti rimandi alla presidenza della carità (che riecheggia S. Ignazio di Antiochia), e al binomio vescovo-popolo che ricorda il Pastori suo grex adherens di San Cipriano, fatti più volte dal Papa parlando ai fedeli.

    X Marcello Semeraro

     

     

     

  • III Domenica di Pasqua

    Commento al Vangelo della III Domenica del Tempo di Pasqua

    Gv 21, 1-19

    Anno C

    Commento di S. Agostino al Vangelo di Giovanni

     

    OMELIA 123

    La triplice confessione di Pietro.

     

    Alla triplice negazione corrisponde la triplice confessione. Sia prova d’amore pascere il gregge del Signore, come fu indizio di timore rinnegare il Pastore.

    Il Vangelo dell’apostolo Giovanni si conclude con la terza apparizione del Signore ai suoi discepoli dopo la risurrezione. Ci siamo soffermati, come abbiamo potuto, sulla prima parte, fino al momento in cui l’evangelista racconta che furono pescati centocinquantatre pesci da parte dei discepoli ai quali Gesù si manifestò, e che la rete, sebbene i pesci fossero grossi, non si strappò. Dobbiamo ora esaminare ciò che segue, e spiegare, con l’aiuto del Signore, quanto esige una attenzione maggiore. Terminata dunque la pesca, dice loro Gesù: Venite a far colazione. E nessuno dei discepoli osava domandargli: Chi sei? sapendo che era il Signore (Gv 21, 12). Se lo sapevano, che bisogno c’era di domandarglielo? E se non c’era bisogno, perché l’evangelista dice: non osavano, come se avessero bisogno di farlo ma non osassero per timore di qualche cosa? Ecco il senso di queste parole: tanta era l’evidenza della verità nella quale Gesù si manifestava ai discepoli, che nessuno di loro osava, nonché negarla, neppure metterla in dubbio. Se qualcuno infatti avesse avuto qualche dubbio, avrebbe dovuto fargli delle domande. L’evangelista dicendo: nessuno osava domandargli: Chi sei?, è come se dicesse: nessuno osava dubitare che fosse lui.

    Gesù si avvicina, prende il pane, lo porge ad essi, e così il pesce (Gv 21, 13). Ecco che l’evangelista ci dice in che cosa consisteva la loro colazione, della quale vogliamo dire qualcosa di soave e salutare, se egli si degnerà ammettere anche noi a questo banchetto. Nella narrazione precedente Giovanni dice che i discepoli, scesi a terra, vedono della brace con del pesce sopra, e del pane (Gv 21, 9). Non si deve pensare che anche il pane stesse sopra la brace, ma vi si deve sottintendere solo il verbo vedono. Se ripetiamo il verbo dov’è sottinteso, l’intera frase suona così: Vedono della brace con del pesce sopra, e vedono del pane; o meglio: Vedono preparata della brace con sopra del pesce, e vedono anche del pane. Su invito del Signore, portano anche del pesce che essi hanno preso; e quantunque l’evangelista non dica che essi lo abbiano fatto, tuttavia dice espressamente che il Signore dette loro quest’ordine. Il Signore infatti disse: Portate qua di quei pesci che avete preso adesso (Gv 21, 10). Chi può pensare che i discepoli non abbiano obbedito al suo ordine? La colazione che il Signore preparò ai sette discepoli, si componeva dunque del pesce che essi avevano visto sopra la brace, e al quale egli aggiunse alcuni pesci di quelli che essi avevano preso, e del pane che, come narra l’evangelista, essi avevano veduto sulla riva. Il pesce arrostito è il Cristo sacrificato; egli è anche il pane disceso dal cielo (cf. Gv 6, 41); a lui viene incorporata la Chiesa per partecipare della sua eterna beatitudine. E’ per questo che il Signore aveva detto: Portate qua di quei pesci che avete preso adesso, affinché quanti nutriamo questa speranza, per mezzo di sette discepoli, nei quali in questo passo si può ravvisare l’universalità dei fedeli, prendessimo coscienza di essere in comunione con così grande sacramento e di essere partecipi della medesima beatitudine. E’ con questa colazione del Signore con i suoi discepoli che Giovanni, sebbene avesse da dire molte altre cose di Cristo, conclude il suo Vangelo, rapito, credo, nella contemplazione di sublimi realtà. Qui infatti, nella pesca dei centocinquantatre pesci, viene adombrata la Chiesa quale essa si manifesterà quando sarà formata soltanto dai buoni; e questa colazione è l’annuncio, per quanti credono, sperano e amano, della loro partecipazione a così grande beatitudine.

    Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai suoi discepoli, dopo la sua risurrezione dai morti (Gv 21, 14). Questo tre non si deve riferire tanto al numero delle apparizioni di Gesù, quanto ai giorni in cui esse ebbero luogo. La prima ebbe luogo il primo giorno in cui Gesù risuscitò; la seconda otto giorni dopo, quando il discepolo Tommaso vide e credette; la terza è oggi in cui opera questo miracolo dei pesci. L’evangelista però non dice quanti giorni dopo ebbe luogo questa apparizione. Se contiamo il numero delle apparizioni, vediamo che nel primo giorno non si manifestò una sola volta, come attestano concordemente tutti e quattro gli evangelisti; ma, come si è detto, Giovanni non conta il numero delle apparizioni, ma i giorni in cui egli apparve, per cui risulta che il terzo giorno è quello della pesca. Come prima apparizione dobbiamo considerare, quasi un tutt’uno, quelle avvenute nel giorno della risurrezione, anche se il Signore è apparso più volte, e a più persone; la seconda otto giorni dopo; e questa è la terza. Successivamente si manifestò tutte le volte che volle sino al quarantesimo giorno nel quale ascese al cielo, anche se non sono state registrate tutte.

    Quand’ebbero fatto colazione, Gesù dice a Simon Pietro: Simone di Giovanni, mi ami più di questi? Gli risponde: Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene. Gli dice: Pasci i miei agnelli. Gli dice di nuovo: Simone di Giovanni, mi ami tu? Gli risponde: Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene. Gli dice: Pasci i miei agnelli. Gli dice per la terza volta: Simone figlio di Giovanni, mi vuoi bene? Pietro si rattristò che per la terza volta Gesù gli dicesse: Mi vuoi bene? E rispose: Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene. Gesù gli disse: Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi da te stesso, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vorresti. E questo gli disse indicando la morte con la quale avrebbe glorificato Dio (Gv 21, 15-19). Così chiuse la vita terrena l’apostolo che lo aveva rinnegato e lo amava. La presunzione lo aveva innalzato, il rinnegamento lo aveva umiliato, le lacrime lo avevano purificato; superò la prova della confessione, ottenne la corona del martirio. E così ottenne, nel suo perfetto amore, di poter morire per il nome del Signore, insieme al quale, con disordinata impazienza, si era ripromesso di morire. Sostenuto dalla risurrezione del Signore, egli farà quanto nella sua debolezza aveva prematuramente promesso. Bisognava infatti che prima Cristo morisse per la salvezza di Pietro, perché Pietro a sua volta potesse morire per la predicazione di Cristo. Del tutto intempestivo fu quanto aveva intrapreso l’umana presunzione, dato che questo ordine era stato stabilito dalla stessa verità. Pietro credeva di poter dare la sua vita per Cristo (cf. Gv 13, 37): colui che doveva essere liberato sperava di poter dare la sua vita per il suo liberatore, mentre Cristo era venuto per dare la sua vita per tutti i suoi, tra i quali era anche Pietro. Ed ecco che questo è avvenuto. Ora ci è consentito di affrontare per il nome del Signore anche la morte con fermezza d’animo, con quella vera che egli stesso dona, non con quella falsa che nasce dalla nostra vana presunzione. Noi non dobbiamo più temere la perdita di questa vita, dal momento che il Signore, risorgendo, ci ha offerto in se stesso la prova dell’altra vita. Ora è il momento, Pietro, in cui non devi temere più la morte, perché è vivo colui del quale piangevi la morte, colui al quale, nel tuo amore istintivo, volevi impedire di morire per noi (cf. Mt 16, 21-22). Tu hai preteso di precedere il condottiero, e hai avuto paura del suo persecutore; ora che egli ha pagato il prezzo per te, è il momento in cui puoi seguire il redentore, e seguirlo senza riserva fino alla morte di croce. Hai udito la parola di colui che ormai hai riconosciuto verace; predisse che lo avresti rinnegato, ora predice la tua passione.

    Ma prima il Signore domanda a Pietro ciò che già sapeva. Domanda, non una sola volta, ma una seconda e una terza, se Pietro gli vuol bene; e altrettante volte niente altro gli affida che il compito di pascere le sue pecore. Così alla sua triplice negazione corrisponde la triplice confessione d’amore, in modo che la sua lingua non abbia a servire all’amore meno di quanto ha servito al timore, e in modo che la testimonianza della sua voce non sia meno esplicita di fronte alla vita, di quanto lo fu di fronte alla minaccia della morte. Sia dunque impegno di amore pascere il gregge del Signore, come fu indice di timore negare il pastore. Coloro che pascono le pecore di Cristo con l’intenzione di volerle legare a sé, non a Cristo, dimostrano di amare se stessi, non Cristo, spinti come sono dalla cupidigia di gloria o di potere o di guadagno, non dalla carità che ispira l’obbedienza, il desiderio di aiutare e di piacere a Dio. Contro costoro, ai quali l’Apostolo rimprovera, gemendo, di cercare i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo (cf. Fil 2, 21), si leva forte e insistente la voce di Cristo. Che altro è dire: Mi ami tu? Pasci le mie pecore, se non dire: Se mi ami, non pensare a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore, come mie, non come tue; cerca in esse la mia gloria, non la tua; il mio dominio, non il tuo; il mio guadagno e non il tuo; se non vuoi essere del numero di coloro che appartengono ai tempi difficili, i quali sono amanti di se stessi, con tutto quel che deriva da questa sorgente d’ogni male. L’Apostolo infatti, dopo aver detto: Vi saranno uomini amanti di se stessi, così prosegue: saranno amanti del denaro, vanagloriosi, arroganti, bestemmiatori, disobbedienti ai genitori, ingrati, scellerati, empi, senz’amore, calunniatori, incontinenti, spietati, non amanti del bene, traditori, protervi, accecati dai fumi dell’orgoglio, amanti del piacere più che di Dio; gente che ha l’apparenza di pietà, ma che ne ha rinnegato la forza (2 Tim 3, 1-5). Tutti questi mali derivano, come da loro fonte, da quello che per primo l’Apostolo ha citato: saranno amanti di se stessi. Giustamente il Signore chiede a Pietro: Mi ami tu?, e alla sua risposta: Certo che ti amo, egli replica: Pasci i miei agnelli; e questo, una seconda e una terza volta. Dove anche si dimostra che amare [diligere] è lo stesso che voler bene [amare]; l’ultima volta, infatti, il Signore non dice: Mi ami?, ma: Mi vuoi bene? Non amiamo dunque noi stessi, ma il Signore, e nel pascere le sue, pecore, non cerchiamo i nostri interessi, ma i suoi. Non so in quale inesplicabile modo avvenga che chi ama se stesso e non Dio, non ama se stesso, mentre chi ama Dio e non se stesso, questi ama se stesso. Poiché chi non può vivere di se stesso, non può non morire amando se stesso: non ama dunque se stesso, chi si ama in modo da non vivere. Quando invece si ama colui da cui si ha la vita, non amando se stesso uno si ama di più, appunto perché invece di amare se stesso ama colui dal quale attinge la vita. Non siano dunque amanti di se stessi coloro che pascono le pecore di Cristo, per non pascerle come proprie, ma come di Cristo. E non cerchino di trarre profitto da esse, come fanno gli amanti del denaro; né di dominarle come i vanagloriosi o vantarsi degli onori che da esse possono ottenere, come gli arroganti; né come i bestemmiatori presumere di sé al punto da creare eresie; né, come i disobbedienti ai genitori, siano indocili ai santi padri; né, come gli ingrati, rendano male per bene a quanti vogliono correggerli per salvarli; né, come gli scellerati, uccidano l’anima propria e quella degli altri; né come gli empi, strazino le viscere materne della Chiesa; né, come i disamorati, disprezzino i deboli; né, come i calunniatori, attentino alla fama dei fratelli; né, come gli incontinenti, si dimostrino incapaci di tenere a freno le loro perverse passioni; né, come gli spietati, siano portati a litigare; né, come chi è senza benignità, si dimostrino incapaci a soccorrere; né, come fanno i traditori, rivelino agli empi ciò che si deve tenere segreto; né, come i procaci, turbino il pudore con invereconde esibizioni; né, come chi è accecato dai fumi dell’orgoglio, si rendano incapaci d’intendere quanto dicono e sostengono (cf. 1 Tim 1, 7); né, come gli amanti del piacere più che di Dio, antepongano i piaceri della carne alle gioie dello spirito. Tutti questi e altri simili vizi, sia che si trovino riuniti in uno stesso uomo, sia che si trovino sparsi qua e là, pullulano tutti dalla stessa radice, cioè dall’amore egoistico di sé. Il male che più d’ogni altro debbono evitare coloro che pascono le pecore di Cristo, è quello di cercare i propri interessi, invece di quelli di Gesù Cristo, asservendo alle proprie cupidigie coloro per i quali fu versato il sangue di Cristo. L’amore per Cristo deve, in colui che pasce le sue pecore, crescere e raggiungere tale ardore spirituale da fargli vincere quel naturale timore della morte a causa del quale non vogliamo morire anche quando vogliamo vivere con Cristo. Lo stesso Apostolo ci dice infatti che brama essere sciolto dal corpo per essere con Cristo (cf. Fil 1, 23). Egli geme sotto il peso del corpo, ma non vuol essere spogliato, ma piuttosto sopravvestito, affinché ciò che è mortale in lui sia assorbito dalla vita (cf. 2 Cor 5, 4). E il Signore a Pietro che lo amava predisse: quando sarai vecchio stenderai le tue mani, e un altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vorresti. E questo gli disse indicando la morte con la quale avrebbe glorificato Dio. Stenderai le tue mani, dice il Signore, cioè sarai crocifisso; ma per giungervi un altro ti cingerà e ti porterà non dove tu vuoi, ma dove tu non vorresti. Prima predice il fatto, poi il modo. Non è dopo la crocifissione, ma quando lo portano alla croce che Pietro è condotto dove non vorrebbe; perché una volta crocifisso, non è più condotto dove non vorrebbe, ma al contrario, va dove desidera andare. Egli desiderava essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, ma, se fosse stato possibile, avrebbe voluto entrare nella vita eterna evitando le angosce della morte. E’ contro il suo volere che lo costringono a subire queste angosce, mentre è secondo il suo desiderio che ne viene liberato. Egli va alla morte con ripugnanza, e la vince secondo il suo desiderio, e si libera dal timore della morte, talmente naturale che neppure la vecchiaia vale a liberarne Pietro, tanto che di lui dice il Signore: Quando sarai vecchio, verrai portato dove tu non vorresti. Per nostra consolazione il Salvatore stesso volle provare in sé anche questo sentimento, dicendo: Padre, se è possibile passi da me questo calice (Mt 26, 39), lui che era venuto proprio per morire, e per il quale la morte non era una necessità, ma un atto della sua volontà, e in suo potere era dare la sua vita e riprenderla di nuovo. Ma per quanto grande sia l’orrore per la morte, deve essere vinto dalla forza dell’amore verso colui che, essendo la nostra vita, ha voluto sopportare per noi anche la morte. Del resto, se la morte non comportasse alcun orrore, non sarebbe grande, com’è, la gloria dei martiri. Se il buon pastore, che offrì la sua vita per le sue pecore (cf. Gv 10, 18 11), ha potuto suscitare per sé tanti martiri da queste medesime pecore, con quanto maggiore ardore devono lottare per la verità fino alla morte, e fino a versare il proprio sangue combattendo contro il peccato, coloro ai quali il Signore affidò le sue pecore da pascere, cioè da formare e da guidare? E, di fronte all’esempio della sua passione, chi non vede che i pastori debbono stringersi maggiormente al Pastore e imitarlo, proprio perché già tante pecore hanno seguito l’esempio di lui, cioè dell’unico Pastore sotto il quale non c’è che un solo gregge, e nel quale anche i pastori sono pecore? Egli ha fatto sue pecore tutti coloro per i quali accettò di patire, e al fine di patire per tutti si è fatto egli stesso pecora.

  • Settimana Santa 2013

    Programma Settimana Santa 2013

    http://www.youtube.com/watch?v=Ae80VXbL0b8&feature=youtu.be

    Via Crucis parrocchiale

    http://www.youtube.com/watch?v=zh58R6z_xtw&feature=youtu.be

    Domenica delle Palme

    http://www.youtube.com/watch?v=rwAyWrevUUM&feature=youtu.be

    Giovedì Santo - Santa Messa e lavanda dei piedi

    http://www.youtube.com/watch?v=9ipqn4pmcoo&feature=youtu.be

    Sabato Santo - Veglia Pasquale

    http://www.youtube.com/watch?v=RxIaT-6csrg&feature=youtu.be

  • Video Settimana Santa - Pasqua 2013

    Per vedere i video della Settimana Santa, clicca qui.

  • Consiglio Pastorale Parrocchiale

    Venerdì 12 Aprile, alle ore 19,00, presso il piano delle aule è convocato il Consiglio Pastorale Parrochiale con i seguenti punti all'ordine del giorno

    1 - Preparazione in vista dell'incontro che il Vescovo farà al nostro Consiglio Pastorale

    2 - Festa Titolare

    3 - Varie ed eventuali

  • II Domenica di Pasqua

    Commento al Vangelo della II Domenica di Pasqua

    Domenica in Albis

     

    Oggi siamo sulle orme dell’antichissima tradizione della Chiesa, quella della seconda Domenica di Pasqua chiamata “in Albis” che è legata alla liturgia della Pasqua e soprattutto alla liturgia della Veglia Pasquale. Questa Veglia, come testimonia anche la sua forma contemporanea, rappresentava un grande giorno per i catecumeni, i quali durante la notte pasquale, per mezzo del Battesimo, venivano sepolti insieme a Cristo nella morte per poter camminare in una vita nuova, così come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre (cf. Rm 6,4). 

    In questa immagine suggestiva San Paolo ha presentato il mistero del Battesimo. I catecumeni ricevevano il Battesimo proprio durante la Veglia pasquale, come abbiamo avuto la fortuna di avere anche quest’anno, quando ho conferito il Battesimo a bambini e ad adulti dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa.

    In questo modo la notte che precede la domenica della Risurrezione è diventata veramente per loro “Pasqua”, vale a dire il Passaggio dal peccato ossia dalla morte dello spirito alla Grazia, cioè alla Vita nello Spirito Santo. È stata la notte di una vera Risurrezione nello Spirito. Come segno della grazia santificante, i neobattezzati ricevevano durante il Battesimo una veste bianca che li distingueva per tutta l’ottava di Pasqua. In questo giorno della domenica seconda di Pasqua, deponevano tale veste; onde l’antichissimo nome di questo giorno: Domenica “in Albis depositis”.

    Questa tradizione a Roma è legata alla chiesa di San Pancrazio. Proprio qui è oggi la stazione liturgica. Abbiamo perciò la fortuna di unire la visita pastorale della parrocchia alla tradizione romana della stazione di Domenica in Albis.

    Oggi dunque desideriamo qui cantare insieme la gioia della Risurrezione del Signore così come l’annunzia la liturgia di questa domenica:

    Celebrate il Signore perché è buono,

    perché eterna è la sua misericordia...

    Questo è il giorno fatto dal Signore:

    rallegriamoci ed esultiamo in esso (Sal 118,1.24).

    Desideriamo anche ringraziare per l’indicibile dono della fede, che è scesa nei nostri cuori e si rinforza costantemente mediante il mistero della Risurrezione del Signore. Della grandezza di questo dono ci parla oggi San Giovanni nelle potenti parole della sua lettera: “Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?” (1Gv 5,4-5).

    Noi ringraziamo dunque Cristo Risorto con una grande gioia nel cuore, poiché ci fa partecipare alla sua vittoria. Nello stesso tempo, lo supplichiamo umilmente perché non cessiamo mai di essere partecipi, con la fede, di questa vittoria: particolarmente nei momenti difficili e critici, nei momenti delle delusioni e delle sofferenze, quando siamo esposti alla tentazione e alle prove. Eppure conosciamo quanto scrive San Paolo: “Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2Tm 3,12). Ed ecco ancora le parole di San Pietro: “...Siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po’ di tempo afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo” (1Pt 1,6-7).

    I cristiani delle prime generazioni della Chiesa si preparavano al Battesimo a lungo e a fondo. Era questo il periodo di catecumenato. le cui tradizioni sono riflesse ancora oggi nella liturgia della Quaresima. Queste tradizioni erano vive quando al Battesimo si preparavano gli adulti. Nella misura in cui si andò sviluppando la tradizione del Battesimo dei bambini il catecumenato in tale forma doveva sparire. I bambini ricevevano il Battesimo nella fede della Chiesa, di cui era garante tutta la comunità cristiana (che si chiama oggi “parrocchia”), e prima di tutto lo era la loro propria famiglia. La liturgia rinnovata del Battesimo dei bambini mette ancora più in risalto questo aspetto. I genitori con i padrini e le madrine professano la fede, fanno le promesse battesimali e si prendono la responsabilità dell’educazione cristiana del loro bambino.

    In questo modo, il catecumenato si trasferisce in un certo modo in un periodo posteriore, al tempo del progressivo crescere e diventare adulti; allora il battezzato deve acquistare dai suoi più vicini e nella comunità parrocchiale della Chiesa una coscienza viva di quella fede, di cui già prima, mediante la grazia del Battesimo, è diventato partecipe. È difficile chiamare questo processo “catecumenato” nel senso primo e proprio della parola. Non di meno è l’equivalente dell’autentico catecumenato e deve svolgersi con la stessa serietà e lo stesso zelo di quello che una volta precedeva il Battesimo. In questo punto convergono e si uniscono i doveri della famiglia cristiana e della parrocchia. È necessario che, in questa odierna occasione, noi ce ne rendiamo conto con una chiarezza e forza particolari. 

    La parrocchia, come comunità fondamentale del Popolo di Dio e come parte organica della Chiesa, in un certo senso ha la sua origine nel Sacramento del Battesimo. È infatti la comunità dei battezzati. Mediante ogni Battesimo, la parrocchia partecipa in modo particolare al mistero della morte e della risurrezione di Cristo. L’intero suo sforzo pastorale e apostolico mira a che tutti i parrocchiani abbiano coscienza del Battesimo, affinché perseverino nella Grazia, cioè nello stato di Figli di Dio, e godano i frutti del Battesimo così nella vita personale come in quella familiare e sociale. Perciò è particolarmente necessario il rinnovamento della consapevolezza del Battesimo. Nella vita della parrocchia è un valore fondamentale l’intraprendere questo catecumenato – che manca adesso nella preparazione al Battesimo – e realizzarlo nelle diverse tappe della vita.

    Proprio in questo consiste la funzione della catechesi, che deve estendersi non solo al periodo della scuola elementare, ma anche alle scuole superiori e ad ulteriori periodi della vita. In particolare è indispensabile la catechesi sacramentale come preparazione alla Prima Comunione e alla Cresima; di grande importanza è la preparazione al Sacramento del Matrimonio.

    Inoltre, l’uomo battezzato, se vuole essere cristiano nelle opere e nella verità, deve, nella sua esistenza, rimanere costantemente fedele alla catechesi ricevuta: essa infatti gli dice in che modo deve comprendere e attuare il suo cristianesimo nei diversi momenti e ambienti della vita professionale, sociale, culturale. Questo è il vasto compito della catechesi agli adulti. 

    Grazie a Dio, questa attività si sviluppa ampiamente nella vita della diocesi di Roma e della vostra parrocchia.

    Sono al corrente, infatti, delle numerose iniziative di catechesi e di vita associativa, che le istituzioni parrocchiali svolgono con l’aiuto di numerose Famiglie Religiose, femminili e maschili, e di vari movimenti ecclesiali. Una particolare menzione spetta ai benemeriti Padri Carmelitani Scalzi, che si spendono per il progresso spirituale di questa parrocchia di San Pancrazio. La numerosa popolazione qui concentrata è solo uno stimolo in più per un indefesso impegno apostolico. La mia parola, pertanto, si fa esortazione e incoraggiamento sia ai responsabili parrocchiali perché proseguano gioiosamente nel loro servizio al Corpo di Cristo, sia a tutti i membri della Comunità, perché ritrovino sempre e coscientemente in essa il luogo migliore per la loro crescita nella fede, nella speranza e nell’amore da testimoniare al mondo.

    Nella domenica “in Albis” la liturgia della Chiesa fa di noi dei testimoni dell’incontro del Cristo Risorto con gli apostoli nel Cenacolo di Gerusalemme. La nostra particolare attenzione attira sempre la figura dell’Apostolo Tommaso e il colloquio di Cristo con lui. Il Maestro Risorto permette a lui in modo singolare di riconoscere i segni della sua passione e così convincersi della realtà della Risurrezione. Allora San Tommaso, che prima non voleva credere, esprime la sua fede con le parole: “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20,28). Gesù gli risponde: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” (Gv 20,29). Mediante l’esperienza della Quaresima, toccando in un certo senso i segni della Passione di Cristo, e mediante la solennità della sua Risurrezione si rinnovi e si rafforzi la nostra fede – e anche la fede di coloro che sono diffidenti, tiepidi, indifferenti, lontani. E la benedizione che il Risorto ha pronunciato nel colloquio con Tommaso, “Beati quelli che hanno creduto!”, rimanga con tutti noi.

     

    Visita alla parrocchia di San Pancrazio a via Aurelia Antica

    Omelia di Giovanni Paolo II

    Domenica, 22 aprile 1979

  • Incontro organizzativo in vista della Festa Titolare

    Venerdì 4 maggio, alle ore 19,15 si terrà in Chiesa l'incontro organizzativo in vista della Festa Titolare della Parrocchia che quest'anno si svolgerà Sabato 26 Maggio, con la Santa Messa sulla Piazza Paolo VI celebrata dal nostro Vescovo Marcello.

    All'incontro organizzativo sono invitati tutti i componenti dei vari gruppi parrocchiali, e tutte le persone animate da buona volontà.

  • La Domenica

     

    buon pastore

    Commento alle letture della quarta domenica di Pasqua

    Anno B

     

                La quarta domenica di Pasqua è anche detta la “domenica del buon Pastore”. Le letture, che la Chiesa ci propone in questo giorno, ci invitano a riflettere sulla resurrezione di Cristo, sul mistero pasquale e sulle conseguenze che questo ha sulla nostra vita quotidiana.

                Il Vangelo di questa settimana è molto conosciuto, per questo si corre il rischio di non lasciarsi interrogare dalle parole di Gesù e di non riflette seriamente su cosa lui voglia dirci oggi e sulla nostra vita, infatti, la tentazione di dire “già lo conosco, so di cosa parla e cosa il Signore vuole dirmi” fa chiudere il nostro cuore.

                Prima di iniziare a meditare insieme questo brano del vangelo, penso sia necessario ricordare che dobbiamo leggerlo alla luce della Pasqua, illuminati dalla resurrezione di Cristo, infatti il buon Pastore dice “do la mia vita [per le pecore] per poi riprenderla”.

                Ma chi è il buon Pastore?

                L’immagine del pastore è ben conosciuta nel mondo biblico, fa parte dell’esperienza quotidiana di Israele, che in larga parte vive di pastorizia, ed è l’esperienza di un allevamento del gregge non di tipo industriale, ma di solito il pastore ha un piccolo gregge, poche pecore, e comunque anche quando sono tante è il pastore che si prende cura di loro, che instaura in qualche modo con loro un rapporto privilegiato, il pastore è quello che sta attento alle sue pecore, che si prende cura della debole, che fascia la ferita, sta attento a che quella troppo forte non prenda il sopravvento su quelle più deboli. Insomma la relazione del pastore con le pecore è una relazione che finisce per diventare affettiva, al punto che il pastore le sue pecore le chiama tutte per nome, e le pecore riconoscono la sua voce, c’è qualche cosa del rapporto che non è semplicemente il rapporto utilitaristico, ma è fondamentalmente vivere con loro ventiquattro ore su ventiquattro, e averle sempre lì, e quindi affezionarsi; vedere come sono diverse una dall’altra, accorgersi che c’è quella che tende ad andarsene per conto suo e allora bisogna tenerla un po’ più d’occhio, c’è quella che prende il sopravvento sulle altre e allora bisogna difendere le deboli, c’è quella che è più carina e quella che è meno.

                Il pastore non è quello che fa la sua strada; il pastore costruisce la propria strada su ciò di cui le pecore hanno bisogno. L’esperienza che si fa nel pascolare le pecore è che loro sono l’elemento prioritario, e che dunque il pastore è al servizio delle pecore e non viceversa, così che nella conduzione del gregge il pastore sceglie il cammino, non quello che è più comodo per lui, ma quello che è più giusto, più adatto per le pecore, anche quando come ci dice il Salmo 23: “dovessi camminare per una valle oscure”.

                L’immagine del pastore, come abbiamo detto, evoca anche l’immagine del camminare, dell’essere condotti da lui anche verso l’ignoto, dentro a quel buio che spaventa; sono le pecore che camminano, e le pecore, come tutti gli animali - al meno gli animali che non sono decisamente notturni - del buio hanno paura. Queste pecore siamo noi, e anche per noi il buio è l’ignoto fanno paura, e quando poi addirittura questo buio ha dentro di sé il suono della morte allora è il terrore.

                La presenza del Pastore, di Gesù buon Pastore, diventa una presenza che in qualche modo mette in fuga le tenebre, mette in fuga la morte, e perciò mette in fuga la paura che l’uomo ha delle tenebre e della morte. L’esperienza della presenza di Dio permette di attraversare la morte senza più temere, perché il Signore ha preso su di sé il peccato e la morte, e nella sua morte e resurrezione li ha distrutti, li ha sconfitti per sempre facendoci scoprire di nuovo la bellezza e la dignità dell’essere figli di Dio, infatti “vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!”, come ci dice la seconda lettura di oggi.

                Ma accanto alla figura del Pastore il Vangelo ci presenta altre figure, quella dei lupi e quella del mercenario. Il lupo è il peccato e il male che è sempre in agguato, che è alla porta del nostro cuore e vuole entrare per distruggere la nostra vita e la nostra esistenza, per ucciderci non solo fisicamente, ma spiritualmente, togliendo dalla nostra esistenza l’amore e la speranza, facendoci vivere alla giornata senza ideali e senza futuro: “se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto” (Gen 4,7), ma noi, possiamo dominarlo come dice Dio a Caino, possiamo vivere come figli della luce.

                La seconda figura è quella del mercenario, che non è pastore, ma utilizza le pecore per un suo tornaconto, per un guadagno personale: non le ama, non sono la sua vita, e di fronte al pericolo e alla morte il mercenario fugge, lasciando in balia del male il suo gregge, invece come abbiamo visto, il pastore dona la vita per il bene delle proprie pecore.

                Tante volte nella nostra vita siamo circondati da tante voci, siamo frastornati, confusi, ma anche spaventati e incerti su come vivere. Ci capita di non riuscire ad ascoltare, o peggio di non voler ascoltare la voce del Pastore, perché pensiamo, erroneamente, che quello che Gesù ci chiede, ci dice, ci corregge non è veramente per il nostro bene e per la nostra felicità. Allora ci troviamo a prestare ascolto e attenzione alla voce del mercenario, scegliamo di seguire colui che non ci ama, ma ci illude nella menzogna. Quando seguiamo queste voci, cadiamo nel peccato e nella morte del cuore, spesso anche nella disperazione di credere che per noi non c’è più speranza, oggi il Signore viene a gridare con forza al nostro cuore il suo amore per noi, il perdono dei peccati e il dono della vita per tutti coloro che ascoltano la sua voce e permettono a Gesù buon Pastore di prendersi cura di loro e di lasciarsi prendere sulle sue spalle quando sono lontani e persi, infatti “ritrovata [la pecorella smarrita], se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,5-7).

  • Domenica 29 aprile, IV di Pasqua

    buon pasore

    Commento alle letture della quarta domenica di Pasqua

    Anno B

     

    La quarta domenica di Pasqua è anche detta la “domenica del buon Pastore”. Le letture, che la Chiesa ci propone in questo giorno, ci invitano a riflettere sulla Resurrezione di Cristo, sul Mistero Pasquale e sulle conseguenze che questo ha sulla nostra vita quotidiana.

    Il Vangelo di questa settimana è molto conosciuto, per questo si corre il rischio di non lasciarsi interrogare dalle parole di Gesù e di non riflette seriamente su cosa lui voglia dirci oggi e sulla nostra vita, infatti, la tentazione di dire “già lo conosco, so di cosa parla e cosa il Signore vuole dirmi” fa chiudere il nostro cuore.

    Prima di iniziare a meditare insieme questo brano del vangelo, penso sia necessario ricordare che dobbiamo leggerlo alla luce della Pasqua, illuminati dalla Resurrezione di Cristo, infatti il buon Pastore dice “do la mia vita [per le pecore] per poi riprenderla”.

    Ma chi è il buon Pastore?

    L’immagine del pastore è ben conosciuta nel mondo biblico, fa parte dell’esperienza quotidiana di Israele, che in larga parte vive di pastorizia, ed è l’esperienza di un allevamento del gregge non di tipo industriale, ma di solito il pastore ha un piccolo gregge, poche pecore, e comunque anche quando sono tante è il pastore che si prende cura di loro, che instaura in qualche modo con loro un rapporto privilegiato, il pastore è quello che sta attento alle sue pecore, che si prende cura della debole, che fascia la ferita, sta attento a che quella troppo forte non prenda il sopravvento su quelle più deboli. Insomma la relazione del pastore con le pecore è una relazione che finisce per diventare affettiva, al punto che il pastore le sue pecore le chiama tutte per nome, e le pecore riconoscono la sua voce, c’è qualche cosa del rapporto che non è semplicemente il rapporto utilitaristico, ma è fondamentalmente vivere con loro ventiquattro ore su ventiquattro, e averle sempre lì, e quindi affezionarsi; vedere come sono diverse una dall’altra, accorgersi che c’è quella che tende ad andarsene per conto suo e allora bisogna tenerla un po’ più d’occhio, c’è quella che prende il sopravvento sulle altre e allora bisogna difendere le deboli, c’è quella che è più carina e quella che è meno.

    Il pastore non è quello che fa la sua strada; il pastore costruisce la propria strada su ciò di cui le pecore hanno bisogno. L’esperienza che si fa nel pascolare le pecore è che loro sono l’elemento prioritario, e che dunque il pastore è al servizio delle pecore e non viceversa, così che nella conduzione del gregge il pastore sceglie il cammino, non quello che è più comodo per lui, ma quello che è più giusto, più adatto per le pecore, anche quando come ci dice il Salmo 23: “dovessi camminare per una valle oscure”.

    L’immagine del pastore, come abbiamo detto, evoca anche l’immagine del camminare, dell’essere condotti da lui anche verso l’ignoto, dentro a quel buio che spaventa; sono le pecore che camminano, e le pecore, come tutti gli animali - al meno gli animali che non sono decisamente notturni - del buio hanno paura. Queste pecore siamo noi, e anche per noi il buio è l’ignoto fanno paura, e quando poi addirittura questo buio ha dentro di sé il suono della morte allora è il terrore.

    La presenza del Pastore, di Gesù buon Pastore, diventa una presenza che in qualche modo mette in fuga le tenebre, mette in fuga la morte, e perciò mette in fuga la paura che l’uomo ha delle tenebre e della morte. L’esperienza della presenza di Dio permette di attraversare la morte senza più temere, perché il Signore ha preso su di sé il peccato e la morte, e nella sua morte e resurrezione li ha distrutti, li ha sconfitti per sempre facendoci scoprire di nuovo la bellezza e la dignità dell’essere figli di Dio, infatti “vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!”, come ci dice la seconda lettura di oggi.

    Ma accanto alla figura del Pastore il Vangelo ci presenta altre figure, quella dei lupi e quella del mercenario. Il lupo è il peccato e il male che è sempre in agguato, che è alla porta del nostro cuore e vuole entrare per distruggere la nostra vita e la nostra esistenza, per ucciderci non solo fisicamente, ma spiritualmente, togliendo dalla nostra esistenza l’amore e la speranza, facendoci vivere alla giornata senza ideali e senza futuro: “se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto” (Gen 4,7), ma noi, possiamo dominarlo come dice Dio a Caino, possiamo vivere come figli della luce.

    La seconda figura è quella del mercenario, che non è pastore, ma utilizza le pecore per un suo tornaconto, per un guadagno personale: non le ama, non sono la sua vita, e di fronte al pericolo e alla morte il mercenario fugge, lasciando in balia del male il suo gregge, invece come abbiamo visto, il pastore dona la vita per il bene delle proprie pecore.

    Tante volte nella nostra vita siamo circondati da tante voci, siamo frastornati, confusi, ma anche spaventati e incerti su come vivere. Ci capita di non riuscire ad ascoltare, o peggio di non voler ascoltare la voce del Pastore, perché pensiamo, erroneamente, che quello che Gesù ci chiede, ci dice, ci corregge non è veramente per il nostro bene e per la nostra felicità. Allora ci troviamo a prestare ascolto e attenzione alla voce del mercenario, scegliamo di seguire colui che non ci ama, ma ci illude nella menzogna. Quando seguiamo queste voci, cadiamo nel peccato e nella morte del cuore, spesso anche nella disperazione di credere che per noi non c’è più speranza, oggi il Signore viene a gridare con forza al nostro cuore il suo amore per noi, il perdono dei peccati e il dono della vita per tutti coloro che ascoltano la sua voce e permettono a Gesù buon Pastore di prendersi cura di loro e di lasciarsi prendere sulle sue spalle quando sono lontani e persi, infatti “ritrovata [la pecorella smarrita], se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,5-7).

  • IV Domenica di Pasqua

     

    gesù buon  pastore

    Commento alle letture della quarta domenica di Pasqua

    Anno B

     

              

  • Commento alle Letture della IV Domenica di Pasqua

     

    Gesù buon pastore

    Commento alle letture della quarta domenica di Pasqua

    Anno B

     

                La quarta domenica di Pasqua è anche detta la “domenica del buon Pastore”, le letture, che la Chiesa ci propone in questo giorno, ci invitano a riflettere sulla resurrezione di Cristo, sul mistero pasquale e sulle conseguenze che questo ha sulla nostra vita quotidiana.

                Il Vangelo di questa settimana è molto conosciuto, per questo si corre il rischio di non lasciarsi interrogare dalle parole di Gesù e di non riflette seriamente su cosa lui voglia dirci oggi e sulla nostra vita, infatti, la tentazione di dire “già lo conosco, so di cosa parla e cosa il Signore vuole dirmi” fa chiudere il nostro cuore.

                Prima di iniziare a meditare insieme questo brano del vangelo, penso sia necessario ricordare che dobbiamo leggerlo alla luce della Pasqua, illuminati dalla resurrezione di Cristo, infatti il buon Pastore dice “do la mia vita [per le pecore] per poi riprenderla”.

                Ma chi è il buon Pastore?

                L’immagine del pastore è ben conosciuta nel mondo biblico, fa parte dell’esperienza quotidiana di Israele, che in larga parte vive di pastorizia, ed è l’esperienza di un allevamento del gregge non di tipo industriale, ma di solito il pastore ha un piccolo gregge, poche pecore, e comunque anche quando sono tante è il pastore che si prende cura di loro, che instaura in qualche modo con loro un rapporto privilegiato, il pastore è quello che sta attento alle sue pecore, che si prende cura della debole, che fascia la ferita, sta attento a che quella troppo forte non prenda il sopravvento su quelle più deboli. Insomma la relazione del pastore con le pecore è una relazione che finisce per diventare affettiva, al punto che il pastore le sue pecore le chiama tutte per nome, e le pecore riconoscono la sua voce, c’è qualche cosa del rapporto che non è semplicemente il rapporto utilitaristico, ma è fondamentalmente vivere con loro ventiquattro ore su ventiquattro, e averle sempre lì, e quindi affezionarsi; vedere come sono diverse una dall’altra, accorgersi che c’è quella che tende ad andarsene per conto suo e allora bisogna tenerla un po’ più d’occhio, c’è quella che prende il sopravvento sulle altre e allora bisogna difendere le deboli, c’è quella che è più carina e quella che è meno.

                Il pastore non è quello che fa la sua strada; il pastore costruisce la propria strada su ciò di cui le pecore hanno bisogno. L’esperienza che si fa nel pascolare le pecore è che loro sono l’elemento prioritario, e che dunque il pastore è al servizio delle pecore e non viceversa, così che nella conduzione del gregge il pastore sceglie il cammino, non quello che è più comodo per lui, ma quello che è più giusto, più adatto per le pecore, anche quando come ci dice il Salmo 23: “dovessi camminare per una valle oscure”.

                L’immagine del pastore, come abbiamo detto, evoca anche l’immagine del camminare, dell’essere condotti da lui anche verso l’ignoto, dentro a quel buio che spaventa; sono le pecore che camminano, e le pecore, come tutti gli animali - al meno gli animali che non sono decisamente notturni - del buio hanno paura. Queste pecore siamo noi, e anche per noi il buio è l’ignoto fanno paura, e quando poi addirittura questo buio ha dentro di sé il suono della morte allora è il terrore.

                La presenza del Pastore, di Gesù buon Pastore, diventa una presenza che in qualche modo mette in fuga le tenebre, mette in fuga la morte, e perciò mette in fuga la paura che l’uomo ha delle tenebre e della morte. L’esperienza della presenza di Dio permette di attraversare la morte senza più temere, perché il Signore ha preso su di sé il peccato e la morte, e nella sua morte e resurrezione li ha distrutti, li ha sconfitti per sempre facendoci scoprire di nuovo la bellezza e la dignità dell’essere figli di Dio, infatti “vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!”, come ci dice la seconda lettura di oggi.

                Ma accanto alla figura del Pastore il Vangelo ci presenta altre figure, quella dei lupi e quella del mercenario. Il lupo è il peccato e il male che è sempre in agguato, che è alla porta del nostro cuore e vuole entrare per distruggere la nostra vita e la nostra esistenza, per ucciderci non solo fisicamente, ma spiritualmente, togliendo dalla nostra esistenza l’amore e la speranza, facendoci vivere alla giornata senza ideali e senza futuro: “se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto” (Gen 4,7), ma noi, possiamo dominarlo come dice Dio a Caino, possiamo vivere come figli della luce.

                La seconda figura è quella del mercenario, che non è pastore, ma utilizza le pecore per un suo tornaconto, per un guadagno personale: non le ama, non sono la sua vita, e di fronte al pericolo e alla morte il mercenario fugge, lasciando in balia del male il suo gregge, invece come abbiamo visto, il pastore dona la vita per il bene delle proprie pecore.

                Tante volte nella nostra vita siamo circondati da tante voci, siamo frastornati, confusi, ma anche spaventati e incerti su come vivere. Ci capita di non riuscire ad ascoltare, o peggio di non voler ascoltare la voce del Pastore, perché pensiamo, erroneamente, che quello che Gesù ci chiede, ci dice, ci corregge non è veramente per il nostro bene e per la nostra felicità. Allora ci troviamo a prestare ascolto e attenzione alla voce del mercenario, scegliamo di seguire colui che non ci ama, ma ci illude nella menzogna. Quando seguiamo queste voci, cadiamo nel peccato e nella morte del cuore, spesso anche nella disperazione di credere che per noi non c’è più speranza, oggi il Signore viene a gridare con forza al nostro cuore il suo amore per noi, il perdono dei peccati e il dono della vita per tutti coloro che ascoltano la sua voce e permettono a Gesù buon Pastore di prendersi cura di loro e di lasciarsi prendere sulle sue spalle quando sono lontani e persi, infatti “ritrovata [la pecorella smarrita], se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,5-7).

  • Commento alle Letture dellla Quarta Domenica di Pasqua

    Commento alle letture della quarta domenica di Pasqua

    Anno B

     

                La quarta domenica di Pasqua è anche detta la “domenica del buon Pastore”, le letture, che la Chiesa ci propone in questo giorno, ci invitano a riflettere sulla resurrezione di Cristo, sul mistero pasquale e sulle conseguenze che questo ha sulla nostra vita quotidiana.

                Il Vangelo di questa settimana è molto conosciuto, per questo si corre il rischio di non lasciarsi interrogare dalle parole di Gesù e di non riflette seriamente su cosa lui voglia dirci oggi e sulla nostra vita, infatti, la tentazione di dire “già lo conosco, so di cosa parla e cosa il Signore vuole dirmi” fa chiudere il nostro cuore.

                Prima di iniziare a meditare insieme questo brano del vangelo, penso sia necessario ricordare che dobbiamo leggerlo alla luce della Pasqua, illuminati dalla resurrezione di Cristo, infatti il buon Pastore dice “do la mia vita [per le pecore] per poi riprenderla”.

                Ma chi è il buon Pastore?

                L’immagine del pastore è ben conosciuta nel mondo biblico, fa parte dell’esperienza quotidiana di Israele, che in larga parte vive di pastorizia, ed è l’esperienza di un allevamento del gregge non di tipo industriale, ma di solito il pastore ha un piccolo gregge, poche pecore, e comunque anche quando sono tante è il pastore che si prende cura di loro, che instaura in qualche modo con loro un rapporto privilegiato, il pastore è quello che sta attento alle sue pecore, che si prende cura della debole, che fascia la ferita, sta attento a che quella troppo forte non prenda il sopravvento su quelle più deboli. Insomma la relazione del pastore con le pecore è una relazione che finisce per diventare affettiva, al punto che il pastore le sue pecore le chiama tutte per nome, e le pecore riconoscono la sua voce, c’è qualche cosa del rapporto che non è semplicemente il rapporto utilitaristico, ma è fondamentalmente vivere con loro ventiquattro ore su ventiquattro, e averle sempre lì, e quindi affezionarsi; vedere come sono diverse una dall’altra, accorgersi che c’è quella che tende ad andarsene per conto suo e allora bisogna tenerla un po’ più d’occhio, c’è quella che prende il sopravvento sulle altre e allora bisogna difendere le deboli, c’è quella che è più carina e quella che è meno.

                Il pastore non è quello che fa la sua strada; il pastore costruisce la propria strada su ciò di cui le pecore hanno bisogno. L’esperienza che si fa nel pascolare le pecore è che loro sono l’elemento prioritario, e che dunque il pastore è al servizio delle pecore e non viceversa, così che nella conduzione del gregge il pastore sceglie il cammino, non quello che è più comodo per lui, ma quello che è più giusto, più adatto per le pecore, anche quando come ci dice il Salmo 23: “dovessi camminare per una valle oscure”.

                L’immagine del pastore, come abbiamo detto, evoca anche l’immagine del camminare, dell’essere condotti da lui anche verso l’ignoto, dentro a quel buio che spaventa; sono le pecore che camminano, e le pecore, come tutti gli animali - al meno gli animali che non sono decisamente notturni - del buio hanno paura. Queste pecore siamo noi, e anche per noi il buio è l’ignoto fanno paura, e quando poi addirittura questo buio ha dentro di sé il suono della morte allora è il terrore.

                La presenza del Pastore, di Gesù buon Pastore, diventa una presenza che in qualche modo mette in fuga le tenebre, mette in fuga la morte, e perciò mette in fuga la paura che l’uomo ha delle tenebre e della morte. L’esperienza della presenza di Dio permette di attraversare la morte senza più temere, perché il Signore ha preso su di sé il peccato e la morte, e nella sua morte e resurrezione li ha distrutti, li ha sconfitti per sempre facendoci scoprire di nuovo la bellezza e la dignità dell’essere figli di Dio, infatti “vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!”, come ci dice la seconda lettura di oggi.

                Ma accanto alla figura del Pastore il Vangelo ci presenta altre figure, quella dei lupi e quella del mercenario. Il lupo è il peccato e il male che è sempre in agguato, che è alla porta del nostro cuore e vuole entrare per distruggere la nostra vita e la nostra esistenza, per ucciderci non solo fisicamente, ma spiritualmente, togliendo dalla nostra esistenza l’amore e la speranza, facendoci vivere alla giornata senza ideali e senza futuro: “se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto” (Gen 4,7), ma noi, possiamo dominarlo come dice Dio a Caino, possiamo vivere come figli della luce.

                La seconda figura è quella del mercenario, che non è pastore, ma utilizza le pecore per un suo tornaconto, per un guadagno personale: non le ama, non sono la sua vita, e di fronte al pericolo e alla morte il mercenario fugge, lasciando in balia del male il suo gregge, invece come abbiamo visto, il pastore dona la vita per il bene delle proprie pecore.

                Tante volte nella nostra vita siamo circondati da tante voci, siamo frastornati, confusi, ma anche spaventati e incerti su come vivere. Ci capita di non riuscire ad ascoltare, o peggio di non voler ascoltare la voce del Pastore, perché pensiamo, erroneamente, che quello che Gesù ci chiede, ci dice, ci corregge non è veramente per il nostro bene e per la nostra felicità. Allora ci troviamo a prestare ascolto e attenzione alla voce del mercenario, scegliamo di seguire colui che non ci ama, ma ci illude nella menzogna. Quando seguiamo queste voci, cadiamo nel peccato e nella morte del cuore, spesso anche nella disperazione di credere che per noi non c’è più speranza, oggi il Signore viene a gridare con forza al nostro cuore il suo amore per noi, il perdono dei peccati e il dono della vita per tutti coloro che ascoltano la sua voce e permettono a Gesù buon Pastore di prendersi cura di loro e di lasciarsi prendere sulle sue spalle quando sono lontani e persi, infatti “ritrovata [la pecorella smarrita], se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,5-7).

  • IV Domenica di Pasqua

    in allestimento

  • IV domenica di Pasqua

    in allestimento

  • Contributo della Regione Lazio per l'Oratorio Parrocchiale

    Grazie alla Determinazione n. A03044 del 12 aprile 2012, che fa seguito alla Legge Regionale 13 giugno 2001, n. 13 "Riconoscimento della funzione sociale ed educativa degli oratori" anche la nostra Parrocchia è rientrata nella  graduatoria relativa alla valutazione dei progetti presentati per le attività di oratorio o attività similari, per l'annualità 2011. Il progetto presentato è stato approvato con un punteggio 60/100 e un contributo economico pari a €. 4.000,00.

     Dal prossimo anno pastorale la sala dell’oratorio sarà arricchita con nuovi giochi e interessanti novità.

  • 2010 3 aprile - la notte di Pasqua parte II

    http://www.youtube.com/watch?v=lEpZit-wEgU

  • 2010_3 aprile - la notte di Pasqua parte I

    http://www.youtube.com/watch?v=N5MLnmueIls

  • 2010 Messa del giovedì santo

    http://www.youtube.com/watch?v=rqSBn9QApF0

  • 2010 2 aprile Via Crucis dei giovani parte II

    http://www.youtube.com/watch?v=SGTJDT0kH4o

  • 2010 2 aprile Via Crucis dei giovani parte I

    http://www.youtube.com/watch?v=9JCkY4iPfm0

  • 2010 30 maggio Festa Titolare - concerto della banda giovanile di Albano

    http://www.youtube.com/watch?v=Uz1_tGEUU7s

  • 2010 Festa titolare

    http://www.youtube.com/watch?v=JjQl6soSB9w

  • 1978 – 2008 Nel trentennio della morte di Paolo VI la parrocchia ricorda la Sua visita

    http://www.youtube.com/watch?v=tc06BzLaHfw

  • 1971-2001 Trent’anni della Parrocchia

    http://www.youtube.com/watch?v=BvdM_2aYvVk

  • Trent'anni dalla morte di Paolo VI

    La nostra Parrocchia ha dedicato le giornate del 25 e 26 ottobre 2008 a riflessioni e testimonianze sulla figura del grande Pontefice Paolo VI. S. E. Mons. Semeraro, nostro Vescovo, ha accolto con gioia e volentieri l’invito del Parroco, Mons. Umberto Galeassi  e del Consiglio Pastorale Parrocchiale, a presiedere la commemorazione con una interessante riflessione sulla figura del Pontefice e del suo delicato pontificato. L’incontro ha avuto inizio con la visita alla mostra allestita dai ragazzi e giovani, nella quale si sono potute ammirare le fasi più salienti della vita e del pontificato del Papa Paolo VI nonché della Sua visita alla parrocchia nell’indimenticabile pomeriggio del 3 settembre 1971. La raccolta fotografica è stata una autentica testimonianza dell’affetto e della benevolenza che il Pontefice ha avuto alla nostra parrocchia. Presenti nell’Auditorium, con Mons. Semeraro, sono stati il Presidente del Consiglio della Città di Albano Laziale, Marco Silvestroni, alcuni Assessori, e il Comm. Franco Ghezzi ( al tempo aiutante di camera di Paolo VI) con ottima partecipazione dei fedeli.

  • Perchè un sito WEB

    Benvenuti!
    Da tempo nella nostra Comunità c'era il desiderio di avere un sito internet tutto nostro ...
    Finalmente, la caparbietà e la competenza di alcuni generosi "parrocchiani cybernauti" viene ripagata, dando vita a queste pagine!

  • Corro per la via del tuo amore

    I ragazzi del post Cresima della Parrocchia “Cuore Immacolato della Vergine Maria” hanno vissuto, dal 14 al 17 giugno u.s., un’esperienza di crescita umana e spirituale nella gioia di un campo organizzato da sr Roberta e Emanuele D’Annibale, nel Centro di accoglienza dei Padri Somaschi in Albano.

    “Corro per la via del tuo Amore” è stato il tema che ha unificato le iniziative dei tre giorni e ha sfidato i giovanissimi

    • a interrogarsi,

    • ad approfondire la Parola di Dio che veniva proposta dai loro animatori, in spazi e tempi di silenzio personale o in gruppo,

  • Provarci non costa nulla

    Il catechismo, per me, è come trovarsi di fronte ad un bivio, in cui si è insicuri se prendere la strada destra, quella della Fede, la più difficile, la più complessa, la più bella, per affidarsi a Dio; o la strada a sinistra, quella dell’ateismo la più semplice, superficiale ed affidarsi nelle mani del fato. Sta a noi decidere quale cammino intraprendere ma, grazie al catechismo noi (ragazzi con l’aiuto dei catechisti) riusciamo a credere sempre più nel nostro Signore Gesù Cristo. Iniziare a credere nel Signore non è semplice, davvero. Provarci, però, non costa nulla.

  • Ho cercato di dare e ho ricevuto il centuplo!

    Ciao! Mi chiamo Emanuele, sono un giovane impegnato nella parrocchia del Cuore Immacolato della Vergine Maria (Albano) e da due anni collaboro con Sr Roberta nel cammino di formazione dei ragazzi che si preparano a ricevere il sacramento della Cresima.

    Dal 14 al 17 giugno, presso il villaggio somasco in Ariccia, abbiamo vissuto, insieme a una parte del gruppo dei cresimati della parrocchia, un’esperienza importante di crescita, di gioco e divertimento.

     “Corro per la via del tuo amore”: questo il tema del campo che ha portato i ragazzi a percorrere la “Via dell’amore” e a non avere paura di essere testimoni dell’amore di Dio nei luoghi dove vivono.

  • Apostolato della Preghiera

    Se partecipiamo alla S. Messa festiva in parrocchia, forse questa espressione “Apostolato della Preghiera” non ci è nuova, perché in vista del primo venerdì del mese, che è sempre un richiamo alle apparizioni autentiche del S. Cuore di Gesù a S. Margherita Maria Alacoque, ci viene rivolto l’invito a ricevere l’Eucarestia in spirito di riparazione e a dedicare un po’ di tempo all’adorazione al SS.mo Sacramento. Infatti non dobbiamo mai dimenticare che, mediante il Battesimo, noi siamo stati inseriti in Cristo, godiamo di una strettissima unione con Lui nel Suo Corpo Mistico, che è la Chiesa e come sua membra dobbiamo essere somiglianti a Cristo. S. Paolo, a questo proposito, ci esorta a “rivestirci di Cristo” che è “Maestro” ed Esemplare, di ogni Santità e la vita cristiana sarà tanto più perfetta quanto più sarà riproduzione di quella di Cristo.

    Ora tutta la vita terrena di Gesù è stata “Offerta e Sacrificio” per la salvezza di tutti. I documenti della Chiesa ci ricordano, alla luce della Rivelazione, che Gesù, mediatore tra Dio e noi, ha sempre svolto la sua missione con il continuo esercizio della preghiera. S. Paolo, nella lettera agli Ebrei (5,7) ci dice che Gesù, nei “giorni della sua vita mortale, con forte grido e lacrime ha offerto preghiere e suppliche…”. Nel Vangelo di Matteo (9,35) leggiamo “… e andava Gesù per tutte le città e i villaggi insegnando nelle loro Sinagoghe e predicando la buona novella del regno e sanando ogni malattia e ogni infermità”.

    Ed è principalmente al suo sacrificio sulla Croce che noi dobbiamo la nostra redenzione. Poi , come la vita di Cristo, così anche la vita del cristiano, che deve riprodurre quella di Cristo, deve essere una specie di sacrificio, che in Cristo e con Cristo viene offerto ad onore di Dio Padre e a salvezza delle anime. Ora, se è umano e cristiano aiutare il prossimo in ciò che riguarda il bene corporale, molto più è richiesto l’aiuto per il bene dell’anima, cioè per avere la grazia di Dio, conservarla, accrescerla e conseguire la salvezza eterna; né si può pensare di aspirare alla propria santificazione trascurando la salvezza eterna degli alti. Gesù infatti nel piano ordinario della salvezza vuole essere aiutato dalle membra del suo corpo mistico, cioè da noi battezzati in Cristo. Questa è da sempre la dottrina della Chiesa. Pensiamo a quanti non conoscono ancora Cristo Gesù! Non è forse l’Apostolato della Preghiera, che ci aiuta ad imitare Gesù e dare alla nostra vita il carattere apostolico inerente al Battesimo?

    Non è forse, proprio questa preghiera di offerta, che qui trascriviamo e davvero ci aiuta a trasformare la nostra vita in un sacrificio di lode e riparazione?

    Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del Divin Padre.

    Questa formula che recitiamo all’inizio di ogni giorno è davvero il mezzo più efficace per sentirci uniti all’amore di Cristo per mezzo dell’amore materno e generoso di sua madre, la Vergine Maria.

  • I Ministranti

    SERVIRE IL SIGNORE NELLA GIOIA… L’INCONTRO TRA JONA E IL RE

    Jona era davvero un caro ragazzo: sempre contento, rispettoso con tutti e generoso con gli amici. Insomma era quello che si dice un ragazzo in gamba. Nel suo villaggio lo conoscevano tutti: era il figlio di Abram e Rachel. Era quel ragazzino di dieci anni, con i capelli neri come la notte e gli occhi azzurri come il cielo quando è senza nuvole, che giocava sempre davanti alla bottega del maniscalco Aral.

    Viveva nel Regno di Kalem, in Oriente, in quel territorio compreso dai fiumi Acor e Pabel. In quel Regno tutte le persone si sentivano una sola grande famiglia e il loro Re vigilava su di esse perché non accadesse loro alcun male. Un giorno, mentre si recava alla fonte del villaggio per attingere acqua, sentì squillare delle trombe sopra il rumore prodotto da un gran numero di cavalli al trotto: il Re stava per passare di lì.

    Quando vide la carrozza, si mise a fissarla con gli occhi sgranati per la curiosità e la meraviglia: stava per passare il Re, proprio Lui. E rimase ancora più stupito di un fatto: mentre lui fissava la carrozza, notò che, da dentro, qualcuno fissava lui. La carrozza era sempre più vicina, si trovava ormai a pochi metri. Incredibile: si fermò proprio davanti alla fontana. Jona e il Re si fissarono per alcuni istanti.

     Il Re sorrise e gli disse:”Pace a te, Jona”.”Come fai a conoscermi, se non mi hai mai visto?” domandò Jona. “Io conosco bene e per nome tutti gli abitanti del mio Regno. E so che sei un ragazzo speciale. Vuoi venire con me?” chiese il Re. “E cosa farò con te?” domandò nuovamente Jona: “Mi servirai! Sbrigherai le faccende più semplici e umili così io potrò concentrarmi su quelle più grandi e importanti. Vuoi?”. “Si”, rispose Jona, tutto felice. E, lasciata la brocca alla fontana, lo seguì.

    Qualche mese più tardi, Jona ritornò al suo villaggio per salutare i genitori. Ormai, pur essendo molto giovane, era diventato un personaggio importante e godeva della stessa gloria del Re. Passando davanti alla bottega del maniscalco, le persone che lo vedevano commentavano:”Arriva jona, il servo del Re! Inchinatevi qundo passa e rendetegli ogni onore. Nessuno, al castello, sta vicino al Re come lui”.

    DESTINATARI

    Bambini (dai 9 anni) e adolescenti che desiderano vivere alcuni momenti di formazione, gioco, preghiera e servizio.

    PROPOSTA

    Vuoi dare una mano al Re, vuoi stargli particolarmente vicino e di condividerne l’onore? Il Re vuole persone come Jona: capaci di voler bene; vuole persone disponibili, generose. Vuole persone che imparino a servire come Lui sa servire: ricordiamo l’episodio nel quale Gesù si china a lavare i piedi agli apostoli. La grandezza del Signore si esprime proprio qui, nel manifestare il suo amore sconfinato, tanto da farsi servo dei servi, Lui che è il Re.

    Un ragazzo non diventa grande perché diviene famoso. Un ragazzo diventa davvero grande quando impara a voler bene. Vuoi diventare un ragazzo grande anche tu? Allora impara a voler bene, impara ad amare. Il primo passo da fare è quello del servizio

    CHI SIAMO?

    Beh, è facile riconoscerci, basta venire la domenica in Parrocchia per vederci attorno all’Altare, durante la Celebrazione Eucaristica, mentre svolgiamo il nostro servizio. Ci avete riconosciuti? No, non siamo i chierichetti, i piccoli preti, ma siamo Altar Boys o Ministranti. Il suo senso sottolinea il carattere dell’azione propria di chi serve: deriva appunto dal latino minister che significa servitore. E’ interessante l’origine della parola, perché è… evangelica, almeno nelle intenzioni. Si tratta infatti del contrario di magister (maestro), secondo alcuni costruito con l’avverbio magis che significa più, maggiore, minister è invece formato con l’avverbio minus, cioè meno, minore. Ci vengono in mente le parole di Gesù:” Se io, il maestro, vi ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” e “nessuno è più grande del proprio Maestro”.

    Ma il nostro  servizio non si limita solo all’interno di una chiesa… Esso deve irradiarsi nella vita di ogni giorno: nella scuola, nella famiglia e nei diversi ambiti della società. Poiché chi vuole servire Gesù Cristo all’interno di una Chiesa deve essere suo testimone dappertutto.

     (Giovanni Paolo II)

     

    SE VUOI CONOSCERCI, CI INCONTRIAMO TUTTE LE DOMENICHE ALLE ORE 9.45

     

    Gruppo Ministranti

    Giovanni Paolo II

     

  • I ministranti

    SERVIRE IL SIGNORE NELLA GIOIA… L’INCONTRO TRA JONA E IL RE

    Jona era davvero un caro ragazzo: sempre contento, rispettoso con tutti e generoso con gli amici. Insomma era quello che si dice un ragazzo in gamba. Nel suo villaggio lo conoscevano tutti: era il figlio di Abram e Rachel. Era quel ragazzino di dieci anni, con i capelli neri come la notte e gli occhi azzurri come il cielo quando è senza nuvole, che giocava sempre davanti alla bottega del maniscalco Aral.

    Viveva nel Regno di Kalem, in Oriente, in quel territorio compreso dai fiumi Acor e Pabel. In quel Regno tutte le persone si sentivano una sola grande famiglia e il loro Re vigilava su di esse perché non accadesse loro alcun male. Un giorno, mentre si recava alla fonte del villaggio per attingere acqua, sentì squillare delle trombe sopra il rumore prodotto da un gran numero di cavalli al trotto: il Re stava per passare di lì.

    Quando vide la carrozza, si mise a fissarla con gli occhi sgranati per la curiosità e la meraviglia: stava per passare il Re, proprio Lui. E rimase ancora più stupito di un fatto: mentre lui fissava la carrozza, notò che, da dentro, qualcuno fissava lui. La carrozza era sempre più vicina, si trovava ormai a pochi metri. Incredibile: si fermò proprio davanti alla fontana. Jona e il Re si fissarono per alcuni istanti.

     Il Re sorrise e gli disse:”Pace a te, Jona”.”Come fai a conoscermi, se non mi hai mai visto?” domandò Jona. “Io conosco bene e per nome tutti gli abitanti del mio Regno. E so che sei un ragazzo speciale. Vuoi venire con me?” chiese il Re. “E cosa farò con te?” domandò nuovamente Jona: “Mi servirai! Sbrigherai le faccende più semplici e umili così io potrò concentrarmi su quelle più grandi e importanti. Vuoi?”. “Si”, rispose Jona, tutto felice. E, lasciata la brocca alla fontana, lo seguì.

    Qualche mese più tardi, Jona ritornò al suo villaggio per salutare i genitori. Ormai, pur essendo molto giovane, era diventato un personaggio importante e godeva della stessa gloria del Re. Passando davanti alla bottega del maniscalco, le persone che lo vedevano commentavano:”Arriva jona, il servo del Re! Inchinatevi qundo passa e rendetegli ogni onore. Nessuno, al castello, sta vicino al Re come lui”.

    DESTINATARI

    Bambini (dai 9 anni) e adolescenti che desiderano vivere alcuni momenti di formazione, gioco, preghiera e servizio.

    PROPOSTA

    Vuoi dare una mano al Re, vuoi stargli particolarmente vicino e di condividerne l’onore? Il Re vuole persone come Jona: capaci di voler bene; vuole persone disponibili, generose. Vuole persone che imparino a servire come Lui sa servire: ricordiamo l’episodio nel quale Gesù si china a lavare i piedi agli apostoli. La grandezza del Signore si esprime proprio qui, nel manifestare il suo amore sconfinato, tanto da farsi servo dei servi, Lui che è il Re.

    Un ragazzo non diventa grande perché diviene famoso. Un ragazzo diventa davvero grande quando impara a voler bene. Vuoi diventare un ragazzo grande anche tu? Allora impara a voler bene, impara ad amare. Il primo passo da fare è quello del servizio

    CHI SIAMO?

    Beh, è facile riconoscerci, basta venire la domenica in Parrocchia per vederci attorno all’Altare, durante la Celebrazione Eucaristica, mentre svolgiamo il nostro servizio. Ci avete riconosciuti? No, non siamo i chierichetti, i piccoli preti, ma siamo Altar Boys o Ministranti. Il suo senso sottolinea il carattere dell’azione propria di chi serve: deriva appunto dal latino minister che significa servitore. E’ interessante l’origine della parola, perché è… evangelica, almeno nelle intenzioni. Si tratta infatti del contrario di magister (maestro), secondo alcuni costruito con l’avverbio magis che significa più, maggiore, minister è invece formato con l’avverbio minus, cioè meno, minore. Ci vengono in mente le parole di Gesù:” Se io, il maestro, vi ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” e “nessuno è più grande del proprio Maestro”.

    Ma il nostro  servizio non si limita solo all’interno di una chiesa… Esso deve irradiarsi nella vita di ogni giorno: nella scuola, nella famiglia e nei diversi ambiti della società. Poiché chi vuole servire Gesù Cristo all’interno di una Chiesa deve essere suo testimone dappertutto.

     (Giovanni Paolo II)

     

    SE VUOI CONOSCERCI, CI INCONTRIAMO TUTTE LE DOMENICHE ALLE ORE 9.45

     

    Gruppo Ministranti

    Giovanni Paolo II

  • Catechisti e Educatori

  • Ministri straordinari dell'Eucarestia

    E' un servizio straordinario, ausiliario, non permanente, concesso in relazione a particolari necessità, situazioni e tempi connessi al cammino di crescita spirituale della Comunità Parrocchiale. Può essere svolto da ogni battezzato-cresimato adulto, uomo o donna, religioso o laico. E' suppletivo e integrativo degli altri ministeri istituiti (Lettore e Accolito); è un servizio liturgico fortemente connesso con la carità e destinato soprattutto ai malati e alle assemblee numerose. Crea in chi lo esercita, una forte unità spirituale e pastorale con la Comunità Parrocchiale in cui svolge la sua missione. Richiede una preparazione pastorale e liturgica, nella quale si pone l’accento sul forte legame esistente tra il malato e Cristo sofferente, fra l'assemblea radunata nel giorno del Signore e la vittoria di Cristo sulla morte e sul peccato. La formazione biblica – teologica – liturgica tende a far acquisire al candidato, una chiara e precisa conoscenza del ministero eucaristico, che è in stretto rapporto al servizio che è chiamato a svolgere nella chiesa e delle norme liturgiche che ne regolano la celebrazione. Per il ministro straordinario dell’Eucarestia, contemplare il volto di Cristo nella persona sofferente, vuol dire contemplare il volto della chiesa, che Gesù ha concretato in se con la sua passione, morte e risurrezione, per la glorificazione di Dio, facendosi "servo". Seguendo quest’esempio, perciò tutta la chiesa, si pone in atteggiamento di servizio. Per l'esercizio del Ministero, il mandato è conferito dal vescovo alle persone idonee, individualmente scelte dal parroco. I laici chiamati a questo ministero devono essere disponibili e generosi nell’offrirsi al servizio ecclesiale; debitamente preparati, devono distinguersi per la vita cristiana, la fede, la condotta ed essere di esempio agli altri fedeli per il loro rispetto verso ilSacramento dell'Altare.

  • Dopo Cresima

    In allestimento

  • Azione Cattolica

    In allestimento

  • Cresima

    In allestimento

  • Prima comunione

    Il Parroco e le Catechiste incontreranno i genitori dei bambini del I anno della Catechesi,

    LUNEDI'  21 OTTOBRE 2013  alle ore 19,00  nel piano delle aule

  • Il titolo della Parrocchia

    Quando sorge un agglomerato di abitazioni e vi si insediano in numero sempre crescente numerose famiglie da costituire un grande quartiere, è certamente premura del Vescovo Diocesano provvedere all’assistenza religiosa a vantaggio spirituale e morale delle anime. Nasce così la comunità dei credenti, che è esattamente la Parrocchia, la cui cura pastorale, come afferma il C. J. C. al cn.515. “è affidata sotto l’autorità del Vescovo Diocesano, ad un Sacerdote Parroco, quale suo proprio pastore” .

    Con “Decreto” del Vescovo, poi, si procede alla Erezione Canonica e viene dato anche il “NOME” alla Parrocchia.

    Nel nostro caso, a tutti è noto che questa Parrocchia ubicata nel quartiere di Villa Ferraioli, ebbe a suo tempo ( 06/06/1959 ) il “NOME” o “TITOLO”: Cuore Immacolato della Vergine Maria.

    Perchè questa nostra Parrocchia ha come titolo "Cuore Immacolato della Vergine Maria" ?

    Il motivo è semplice. Nel 1959 fu realizzata la Peregrinatio Mariae a livello nazionale. La statua della Madonna di Fatima, appunto il “Cuore immacolato della Vergine Maria”, fu portata in elicottero nelle principali piazze d’Italia e numerosissime manifestazioni costellarono l’intera annata in omaggio alla Madonna. A conclusione di questo ciclo di manifestazioni pubbliche, a Catania aveva luogo il Congresso Eucaristico Nazionale.

    In quella occasione, esattamente il 13 settembre 1959, l’Episcopato Italiano, radunato nella metropoli dell’Etna, consacrava solennemente l’Italia al Cuore Immacolato della Vergine Maria.

    Il popolo è stato sempre sensibile alla devozione mariana che aveva avuto origine visibile nel 1917 a Fatima.

    Così, quando si è trattato di scegliere il titolo per questa nostra Parrocchia è stata unanime la richiesta del Cuore Immacolato della Vergine Maria, come da bolla di erezione.

    Concorde si dichiarò anche mons. Vescovo Raffaele Macario.

    Pertenato, come avviene all'interno delle famiglie, dove si ricordano gli onomastici, anniversari, ricorrenze, è logico che anche all'interno di una Parrocchia venga ricordato e festeggiato il titolo, che la distingue tra le altre comunità.

    Per il Cuore Immacolato della Vergine Maria, sotto il profilo liturgico, non c'è un giorno fisso nel corso dell'anno, perchè questa "MEMORIA" è legata alla Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù e questa, a sua volta, alla Solennità del Corpo e del Sangue di Gesù, che varia secondo la data della S. Pasqua.

    E' per questo, che dopo varie esperienze nei decenni passati, si è ritenuto opportuno e inderogabile, fissare quale giorno celebrativo, l'ultimo sabato di maggio. E' una data che ben si addice a onorare la Madonna, dal momento che tutto questo mese è a Lei consacrato e ne è, certamente una degna preparazione, che poi raggiunge il culmine con il "TRIDUO", che precede la FESTA.

  • Animazione Liturgica

    “Il canto nella celebrazione liturgica esalta la Parola e la preghiera, la dispone nella sua dimensione melodica e ritmica al culto divino e diviene offerta a Dio, autore supremo d'ogni bellezza ed eterno splendore. Il canto ha capacità di penetrare, di commuovere e di convertire i cuori; favorisce l'unione dell'assemblea e ne permette la partecipazione unanime all'azione liturgica. E’ espressione viva del Mistero che si sta celebrando”.

    Il servizio di animazione Liturgico musicale è a favore dell’Assemblea; coro e musici hanno il compito di sostenerla a diventare responsabile della sua preghiera, vivendo così pienamente la celebrazione Eucaristica.

    Vuoi far parte del gruppo che anima la liturgia?

    Se hai un po' di buona volontà e di costanza, se sai suonare qualche strumento musicale, o se hai voglia di cantare e intendi unirti a chi esercita già questo servizio, ti aspettiamo tutti i sabati alle 16:00 e la domenica alla 9:30, prima della la S. Messa, per le prove. 

  • I lavori di modifica dell'accesso alla chiesa

    Tra i diversi momenti che hanno segnato la recente vita della Parrocchia del Cuore Immacolato della Vergine Maria, assume una particolare importanza  la conclusione degli approfonditi lavori di sistemazione e adattamento che hanno interessato sia gli accessi alla Chiesa che la piazza antistante. Si è trattato di interventi in cui la comunità parrocchiale e l’intera cittadinanza avvertivano un urgente bisogno; tali lavori, infatti, oltre a migliorare l’aspetto estetico del complesso architettonico formato dalla Piazza e dalla Chiesa, hanno notevolmente aumentato la sicurezza di tutti coloro che si accostano alle attività della Parrocchia.

    La Piazza su cui si affaccia la Chiesa, recentemente intitolata al Papa Paolo VI (5/6/2004), è stata infatti completamente “ripensata”, con la realizzazione di uno spartitraffico; in questo modo, è migliorata in modo visibile la viabilità di tutto il quartiere. Inoltre, grazie anche ai nuovi attraversamenti pedonali previsti nel progetto, è stato finalmente realizzato un accesso più sicuro all’edificio parrocchiale, evitando ai fedeli pericolosi “slalom” tra le auto parcheggiate e quelle in movimento.

  • I Gruppi

    La Comunità Parrocchiale è una grande famiglia, e la Parrocchia è la sua grande casa... in questa sezione del nostro sito trovate tutte le informazioni relative ai vari gruppi di questa nostra famiglia parrocchiale. 

    Per ognuno è specificato il giorno dell'incontro ed eventualmente il relativo calendario, l'orario, il luogo, il responsabile e, per meglio orientarvi, una breve descrizione delle attività svolte e delle caratteristiche del gruppo. Tre sono le tipologie di gruppi della nostra Comunità:

    • Iniziazione: vi accompagnano nel cammino di crescita Cristiana per ricevere il dono dei Sacramenti;
    • In Cammino: vi danno la possibilità di condividere nuove esperienze, attraverso vari percorsi per ogni fascia di età;
    • Al servizio...: vi danno l'opportunità di sperimentare nuovi modi di donare e di donarsi.

    A seconda della vostra età, dei vostri interessi e delle vostre possibilità potete entrare a far parte di questa nostra Famiglia...

  • La Storia

    I primi segni di vita religiosa nel quartiere di Villa Ferraioli si riscontrano negli anni 1957-1958 davanti ad una edicola della Madonna situata sul portone del palazzo lotto 19, in via Mameli 61. Successivamente, nel palazzo in via Virgilio, oggi adibito a centro degli anziani, si potè costituire una modesta Cappella per l’esercizio del culto. L’ 8 dicembre 1960, per merito del parroco don Umberto Galeassi, giunto qualche mese prima dalla parrocchia S. Maria Assunta in Ariccia, nel locale accanto fu inaugurata una dignitosa cappella con la partecipazione del Vescovo. Intanto gli anni passavano e non era più possibile ospitare i fedele in locali così piccoli. La parrocchia doveva avere una struttura più adatta. Per prima cosa occorreva un terreno sul quale far sorgere il complesso parrocchiale. Furono intraprese delle trattative con il comune di Albano e solo dopo lungo periodo il 22 luglio 1961 il Consiglio Comunale concesse il terreno con permuta. Dalla Curia Vescovile di Albano fu impostata la pratica della costruzione della chiesa che doveva sorgere nel comune di Albano, nonostante la parrocchia comprendesse anche una parte del territorio di Ariccia.

  • Una preghiera per tutte le vocazioni – Il monastero invisibile

    Anche nella nostra Diocesi, come già avviene in tante altre diocesi d’Italia, il Centro Diocesano Vocazioni ha dato il via all’iniziativa di preghiera per tutte le vocazioni chiamata Monastero Invisibile. Il che significa che tutti: laici, famiglie, comunità parrocchiali, giovani, anziani, operatori pastorali, malati religiosi, sacerdoti… nei luoghi dove vivono e operano offrono nello stesso giorno ( per la nostra Diocesi è il primo giovedì di ogni mese) e in un’ora da loro scelta la loro preghiera a Dio perché mandi “operai nella sua Messe” (Mt. 9, 37-38).

    “Preghiera” che diventa ringraziamento per il dono delle vocazioni che già ci sono, invocazione affinchè Dio renda la sua Chiesa sempre più ricca e feconda di nuovi chiamati al sacerdozio ministeriale, alla vita consacrata attiva e contemplativa, missionaria e secolare; e al matrimonio come testimonianza dell’amore concreto di Dio che diventa dono capace di dare vita.

    Questa preghiera può avvenire in modalità diverse: meditando la Parola di Dio, partecipando alla Santa Messa, all’adorazione Eucaristica, con il Rosario… oppure semplicemente offrendo a Dio l’impegno nel proprio lavoro, le fatiche, i momenti difficili o di sofferenza che si stanno vivendo. In questo modo viene a costruirsi una rete invisibile di preghiera, un Monastero che ha come tetto il cielo e come membri tutta la Comunità Cristiana che vive in comunione, ringraziando e invocando Dio per la medesima intenzione.

    Anche nella nostra Parrocchia, ogni sabato pomeriggio prima della Messa, la Comunità si raduna e prega il Rosario per tutte le vocazioni. È una bella realtà questa, che rientra senz’altro nella proposta del Monastero Invisibile.

    Questa iniziativa di preghiera scelta dal Centro Diocesano Vocazioni della Diocesi, è il modo che è stato scelto per annunciare a tutti e a ciascuno che ogni vita- la nostra stessa vita- è vocazione, dono di Dio, dono unico e irripetibile. Per esso siamo chiamati ad abitare questo mondo affinchè diventi sempre più una “Casa” dove il Bene non è solo possibilità, ma anche realtà attraverso il nostro sì a Dio.

  • Giornate Eucaristiche - Sante Quarantore

    Nella storia e nella pietà eucaristica della Parrocchia, ogni anno vengono celebrate le “Giornate Eucaristiche” chiamate anche “Quarantore”.

    Che cosa sono e qual è l’origine all’interno della Chiesa Cattolica? Sono manifestazioni del culto eucaristico. Nei secoli passati, come ci racconta la storia, erano considerate un tempo di rinnovamento spirituale e sociale, di preghiera e di penitenza, di comunione tra il clero e il popolo, tra i ricchi e i poveri, tra superiori e sudditi. La storia, anzi ci dice che in quelle giornate le città cambiavano fisionomia: la fede rifioriva nel cuore della gente, che imparava a pregare e a meditare; era davvero un tempo di grazia che rinnovava la vita cristiana. Tutto questo avveniva, secondo gli storici, negli ultimi giorni della Settimana Santa, ed esattamente dalla sera del Giovedì Santo al mezzogiorno del Sabato Santo nel triste pensiero del Sepolcro, nel quale Gesù, secondo il computo fatto da S. Agostino, rimase quaranta ore. Con il passare del tempo queste Giornate offrirono l’occasione per una vera e propria predicazione quaresimale in preparazione alla Pasqua e si giunse alla forma classica della non interrotta esposizione del SS.mo Sacramento per quaranta ore. Questo avvenne all’inizio nella città di Milano nel decennio 1527-1537 e grazie allo zelo e all’iniziativa dei PP. Domenicani, Barnabiti, Cappuccini e poi Gesuiti, questa bella pratica si è diffusa nel resto dell’Italia, in Europa e nel resto del mondo; fu approvata da Papa Paolo III.

    Il tutto ha rinvigorito la religiosità del popolo, l’insegnamento del catechismo e la diffusione del culto eucaristico. Di qui comprendiamo come in Albano e in tutta la nostra Chiesa locale che è la Diocesi, queste Giornate sono celebrate lungo l’anno liturgico. La nostra Parrocchia, non poteva rimanere estranea; ecco perché fin dai primi anni dalla erezione canonica, appena si è potuto avere un luogo idoneo per il culto, si è dato inizio a questa bella pratica religiosa delle “Sante Quarantore”. Si svolgono, il linea di massima, nella prima decade del mese di ottobre, ogni anno, come per ravvivare la nostra fede e religiosità, nelle ripresa delle attività pastorali.

    Le Quarantore, restano attuali perchè ci aiutano a rinverdire la nostra fede nella presenza reale di Gesù nel SS.mo Sacramento e sono da considerare, particolarmente ogniqualvolta ci intratteniamo in adorazione, come il prolungamento del Giovedì Santo quando Gesù ha istituito l’Eucarestia e ha raccomandato di perpetuare nel tempo il memoriale della sua Passione, Morte e Risurrezione. Di qui scaturisce l’Adorazione dopo la S. Messa nel primo venerdì del mese, al secondo giovedì del mese con il gruppo di preghiera S. Pio da Pietrelcina, nel mese di Maggio e in altre circostanze.

  • Impiego del tempo libero

    Tra le varie attività che si svolgono in Parrocchia nel campo della pastorale emerge, in modo particolare, il piccolo, ma attivo laboratorio femminile quale impiego del tempo libero. Iniziato negli anni 1960 per il fervore della sig.na Maria Ascenzi di venerata memoria, si è prodigato, come al presente, nei lavori a maglia di ogni genere per bambini, in centri a uncinetto per tavolo e ricamo in tagli, chiacchierino, punto smok, etc…

    È un’iniziativa che offre un aiuto per compiere opere di beneficienza come lo è stato per la costruzione del complesso parrocchiale. È noto, infatti, che per questa collaborazione, sempre nel volontariato, sono state soddisfatte non poche spese come per esempio l’Altare in granito, il Fonte Battesimale, il Tabernacolo, i candelabri, le colonnine in marmo ai lati del Tabernacolo, i Confessionali, gli armadi della Sacrestia, le divise per i ministranti e per il gruppo dei Cavalieri del Cuore Immacolato. Ma come è nata questa iniziativa?

    Grazie ad alcune signore, per lo più mamme e nonne, che animate da volontariato, si riuniscono il mercoledì pomeriggio e lavorano con le loro mani guidate dalla fantasiosa intelligenza realizzando lavori stupendi. Molte volte il loro lavoro continua all’interno delle loro abitazioni. Sono state invitate anche bambine e ragazze ad imparare gratuitamente a realizzare questi lavori e alcune vi hanno anche corrisposto.

    Questa attività continua anche al presente, seppur con un po’ di difficoltà poiché le componenti cominciano ad essere avanzate in età. Non manca comunque mai l’occasione di compiere opere di beneficenza; è a questo scopo che nel mercatino o nella fiera del S. Patrono, si fa esposizione di questi caratteristici lavori a mano.

    A loro e rispettive famiglie giungano i complimenti della Comunità Parrocchiale per questo spirito di sensibilità e di collaborazione.

    Il loro esempio voglia essere d’invito ad altre signore, ragazze, affinchè sappiano rendere prezioso il loro tempo, come occasione di crescita della propria personalità.

  • L’ Apostolato della Preghiera

    Se partecipiamo alla S. Messa festiva in parrocchia, forse questa espressione “Apostolato della Preghiera” non ci è nuova, perché in vista del primo venerdì del mese, che è sempre un richiamo alle apparizioni autentiche del S. Cuore di Gesù a S. Margherita Maria Alacoque, ci viene rivolto l’invito a ricevere l’Eucarestia in spirito di riparazione e a dedicare un po’ di tempo all’adorazione al SS.mo Sacramento. Infatti non dobbiamo mai dimenticare che, mediante il Battesimo, noi siamo stati inseriti in Cristo, godiamo di una strettissima unione con Lui nel Suo Corpo Mistico, che è la Chiesa e come sua membra dobbiamo essere somiglianti a Cristo. S. Paolo, a questo proposito, ci esorta a “rivestirci di Cristo” che è “Maestro” ed Esemplare, di ogni Santità e la vita cristiana sarà tanto più perfetta quanto più sarà riproduzione di quella di Cristo.

    Ora tutta la vita terrena di Gesù è stata “Offerta e Sacrificio” per la salvezza di tutti. I documenti della Chiesa ci ricordano, alla luce della Rivelazione, che Gesù, mediatore tra Dio e noi, ha sempre svolto la sua missione con il continuo esercizio della preghiera. S. Paolo, nella lettera agli Ebrei (5,7) ci dice che Gesù, nei “giorni della sua vita mortale, con forte grido e lacrime ha offerto preghiere e suppliche…”. Nel Vangelo di Matteo (9,35) leggiamo “… e andava Gesù per tutte le città e i villaggi insegnando nelle loro Sinagoghe e predicando la buona novella del regno e sanando ogni malattia e ogni infermità”.

    Ed è principalmente al suo sacrificio sulla Croce che noi dobbiamo la nostra redenzione. Poi , come la vita di Cristo, così anche la vita del cristiano, che deve riprodurre quella di Cristo, deve essere una specie di sacrificio, che in Cristo e con Cristo viene offerto ad onore di Dio Padre e a salvezza delle anime. Ora, se è umano e cristiano aiutare il prossimo in ciò che riguarda il bene corporale, molto più è richiesto l’aiuto per il bene dell’anima, cioè per avere la grazia di Dio, conservarla, accrescerla e conseguire la salvezza eterna; né si può pensare di aspirare alla propria santificazione trascurando la salvezza eterna degli alti. Gesù infatti nel piano ordinario della salvezza vuole essere aiutato dalle membra del suo corpo mistico, cioè da noi battezzati in Cristo. Questa è da sempre la dottrina della Chiesa. Pensiamo a quanti non conoscono ancora Cristo Gesù! Non è forse l’Apostolato della Preghiera, che ci aiuta ad imitare Gesù e dare alla nostra vita il carattere apostolico inerente al Battesimo?

    Non è forse, proprio questa preghiera di offerta, che qui trascriviamo e davvero ci aiuta a trasformare la nostra vita in un sacrificio di lode e riparazione?

    Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del Divin Padre.

    Questa formula che recitiamo all’inizio di ogni giorno è davvero il mezzo più efficace per sentirci uniti all’amore di Cristo per mezzo dell’amore materno e generoso di sua madre, la Vergine Maria.

  • Il Rosario Perpetuo, altrimenti detto “Ora di Guardia”

    In Parrocchia è l’organizzazione eminentemente spirituale e merita di essere ricordata perché si tratta del Rosario, che è la preghiera più gradita e tante volte raccomandata dalla Madonna. A Lei ricorda la generosa partecipazione all’opera della salvezza progettata da Dio stesso dal Mistero dell’Incarnazione, al Mistero Pasquale di Cristo e nel prolungamento di Cristo che è la Chiesa.

    Il Rosario è la preghiera mai dimenticata prima della S. Messa Vespertina. Preghiera tanto amata da numerosi santi e incoraggiata dal Magistero della Chiesa attraverso non pochi Pontefici, è stata illustrata da Giovanni Paolo II con la Lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” del 16 ottobre 2002 e nella quale viene ricordato che il Rosario nella sua semplicità e profondità rimane, anche al presente, “una preghiera di grande significato, destinata a portare frutti di santità”.

    Fin dalla sua origine, negli anni 1955-60, pur non essendoci ancora un luogo e neppure l’erezione canonica della Parrocchia, il nostro popolo ha mostrato sempre particolare sensibilità per questa preghiera, che, guidata dalle Suore Oblate di Gesù e Maria veniva recitata sotto gli alberi di ulivo e poi in un sottoscala adibito a Cappella.

    Da questi umili inizi si è passati alla bella associazione del Rosario Perpetuo con tanto zelo della S.ra Sordini Raiola  Caterina di v. m. . Ma che cos’è il “Rosario Perpetuo”? Dalla storia abbiamo appreso: nel 1630, mentre in Italia infuriava la peste, un domenicano fiorentino, il P. Timoteo de’ Ricci istituì il “Rosario Perpetuo”, cioè la “lode perenne” alla SS.ma Vergine, tributata da anime generose che si impegnano a recitare per intero, in un’ora liberamente scelta, il Rosario. Questa Associazione ha la sua sede centrale presso la Basilica- Santuario di S. Mari Novella a Firenze. In Italia si contano varie migliaia di iscritti e tra questi anche un bel gruppo della nostra gente. Coloro che vi hanno aderito o intendono aderirvi, hanno, come compito, la recita del Rosario completo in un’ora del mese da loro liberamente scelta da effettuare  anche semplicemente a casa; per questo è chiamata anche Ora di Guardia. A questa impostazione personale fa da coronamento l’ Ora di Guardia Comunitaria”, due volte l’anno, a maggio e ottobre, come avviene nella nostra Chiesa Parrocchiale. Chi aderisce a questa Associazione, è animato da motivi esclusivamente spirituali: pregare in unione stretta, anche se, ordinariamente, invisibile, con innumerevoli fratelli e sorelle, elevando con essi un perenne coro di lodi alla Vergine SS.ma Madre di Cristo e della Chiesa e, mediante Lei, alla SS.ma Trinità. La preghiera diventa così “perpetua” e unisce tra loro le anime come in una grande corona vivente. E’ la comunione dei Santi vissuta pregando.

     L’ Ora di Guardia costituisce un invito alla meditazione in un mondo chiassoso e agitato.

  • La Visita Mensile Domiciliare della Sacra Famiglia

    È bello e doveroso ricordare alcuni segni di fede all’interno della nostra città di Albano. Da tempi remoti, che possono risalire all’inizio del 1900 e certamente per lo zelo e la premura del parroco, mons. Cesare Guerrucci, che era unico in Albano perché unica la Parrocchia “S. Pancrazio” presso la Chiesa Cattedrale, fu introdotta e incoraggiata la pratica religiosa di ricevere un giorno o due giorni fissi al mese all’interno della propria abitazione l’immagine della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Questa consuetudine, nonostante i periodi difficili della prima e, ancor di più, della seconda guerra mondiale, non è stata mai interrotta. Conseguentemente è entrata anche all’interno del nostro quartiere ferraiolino per mezzo di qualche famiglia, che negli anni 1960-70 vi si è trasferita. Di qui, avutane conoscenza, il Parroco, non solo l’ha approvata, ma l’ha incoraggiata e propagata. È da ricordare che questa istituzione è stata promossa dal 1907 dai Religiosi “Figli della Sacra Famiglia” il cui fondatore è stato S. Giuseppe Manyanet e tanto raccomandata dai vari Pontefici: S. Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, Beato Giovanni XXIII, Paolo VI, e dal Beato Giovanni Paolo II. All’interno della nostra Parrocchia ci sono tre gruppi, ciascuno rispettivamente con un Santo Protettore: S. Domenico Savio, S. Maria Goretti, S. Massimiliano Maria Kolbe. Coordinatore è il Parroco e tre zelatrici che curano l’organizzazione.

    Ogni famiglia, che ha aderito a questa pratica, ha assunto l’impegno di raccogliersi in preghiera, di fronte l’immagine sacra, nell’ora che ritiene opportuno, con la recita del Rosario, la lettura della Parola di Dio o dei Documenti della Chiesa con qualche riflessione concludendo poi con la bella preghiera di Giovanni Paolo II per la famiglia:

                “Dio, dal quale proviene ogni paternità in cielo e in terra, Padre, che sei Amore e Vita, fa’ che ogni famiglia umana sulla terra diventi, mediante il Tuo Figlio Gesù Cristo, “nato da Donna”, e mediante lo Spirito Santo, sorgente di divina carità, un vero santuario della vita e dell’amore per le generazioni che sempre si rinnovano

                Fa’ che l’ amore, rafforzato dalla grazia del Sacramento del Matrimonio, si dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi, attraverso le quali, a volte, passano le nostre famiglie.

                Fa’ infine, te lo chiediamo per intercessione della Sacra Famiglia di Nazareth, che la Chiesa in mezzo a tutte le nazioni della terra posa compiere fruttuosamente la sua missione nella famiglia e mediante la famiglia.

                Per Cristo nostro Signore, che è la via, la verità e la vita nei secoli dei secoli. Amen”.

    Alla luce di quanto si è descritto, si comprende l’attualità di questa pratica di fronte al dilagare delle crisi di vario genere che infestano le nostre famiglie e come è importante sapersi specchiare al modello perfetto, che è la Sacra Famiglia di Nazareth.

    Giunga l’invito a tante altre famiglie perche seguano questi esempi, rivolgendosi in Parrocchia, dove si potranno avere più dettagliate notizie per aderire.

  • Il Gruppo di Preghiera " San Pio da Pietrelcina"

    A tutti è noto quanto Gesù nel Vangelo ha raccomandato la preghiera, come Egli stesso ne abbia dato l’esempio e come gli Apostoli hanno chiesto che anche a loro fosse insegnato a pregare; d’altra parte la preghiera è la nostra forza e Dio stesso cede alla preghiera insistente fatta con amore, con sentimenti di fede e di umiltà. Comprendiamo quindi come all’invito del Papa Pio XII di istituire “Gruppi di Preghiera” durante il 2° conflitto mondiale, Padre Pio ne abbia subito colto l’invito. La prima organizzazione ha avuto inizio nella “Casa Sollievo della Sofferenza” a S. Giovanni Rotondo, in un edificio ingabbiato nelle impalcature quando ancora c’era una costruzione grezza. Padre Pio era solito ripetere: “ Chi prega si salva… Chi prega insieme muove più facilmente la divina pietà… Siate amanti della preghiera se vi interessa la salvezza vostra e della società”.

    Oh, quanto tempo Padre Pio ha dedicato alla preghiera; come si è immerso nella preghiera di meditazione, nella contemplazione, specialmente nella Celebrazione Eucaristica! Quanta importanza Gesù ha dato alla preghiera allorchè Egli vi ha garantito la Sua presenza!

    Si comprende allora l’istituzione dei “Gruppi di Preghiera” ed il moltiplicarsi e il diffondersi ovunque. Così, alla luce delle direttive del nostro Vescovo S. E. Mons. Marcello Semeraro, in linea al coordinamento di questi “Gruppi” di Roma e del Lazio, anche nella nostra Parrocchia è sorto un “Gruppo di Preghiera” intitolato al Santo di Pietrelcina.

    A questo proposito il parroco D. Umberto ne ha parlato in Chiesa e ne è seguito un buon numero di adesioni; una rappresentanza di queste ha partecipato all’incontro formativo presso il Centro Diocesano guidato dal coordinatore D. Giuseppe Falbo.

    Concordamente uniti con un’ottima fusione di spirito, con la guida del Parroco, è stato fissato il secondo giovedì del mese alle ore 17 il momento di incontro formativo per l’ascolto della Parola, la Meditazione e la partecipazione alla Eucarestia con la S. Messa, il tutto, secondo quanto è emerso nella vita e nelle santità di Padre Pio: l’amore alla Vergine Santissima, l’amore e l’adorazione alla Santissima Eucarestia, l’amore al prossimo in unione con la “Casa Sollievo della Sofferenza”.

  • Ama la tua Parrocchia

    Collabora, prega e soffri per la tua parrocchia, perché devi considerarla come una madre a cui la Provvidenza ti ha affidato: chiedi a Dio che sia casa di famiglia fraterna e accogliente, casa aperta a tutti e al servizio di tutti. Da' il tuo contributo di azione perché questo si realizzi in pienezza.

    Collabora, prega, soffri perché la tua parrocchia sia vera comunità di fede: rispetta i preti della tua parrocchia anche se avessero mille difetti: sono i delegati di Cristo per te. Guardali con l'occhio della fede, non accentuare i loro difetti, non giudicare con troppa facilità le loro miserie perché Dio perdoni a te le tue miserie. Prenditi carico dei loro bisogni, prega ogni giorno per loro.

  • Visita Pastorale 2011

    Venerdi 8 aprile 2011 il vescovo monsignor Semeraro ha dato  inizio alla Visita pastorale nella nostra Parrocchia incontrando i malati: alcuni giovani con difficoltà fisiche nel Centro di accoglienza diurno "Il Girasole" e altri, con particolari problemi, nelle loro case.

    Nel pomeriggio della stessa giornata, secondo il programma preannunciato, nell'auditorium della parrocchia l'incontro con le realtà associative: Rosario perpetuo, Gruppo di preghiera San Pio da Pietralcina, Apostolato della preghiera, Lettori, Catechiste, Gruppo visita mensile domiciliare della "Sacra Famiglia", Ministri straordinari della Comunione, Cantori, Cavalieri del Cuore Immacolato della Vergine Maria, Laboratorio impiego tempo libero, tutte presentate dal parroco con le loro caratteristiche e impegni pastorali. Il vescovo, prendendo atto di queste realtà, ha sottolineato l'importanza della tradizione all'interno della comunità parrocchiale. Ha incoraggiato le varie realtà a comunicare il loro impegno a quanti sono animati da buona volontà, ai Cantori e ai Lettori della Parola di Dio ha ricordato che l'azione liturgica ha bisogno di momenti di preparazione e riflessione, concludendo, poi, ha richiamato l'attenzione sulla necessità di una formazione continua, rivolta non solo agli operatori pastorali ma a tutti i fedeli e ha sottolineato l'esigenza che la carità verso i poveri sia sempre l'azione privilegiata del cristiano.

  • Intitolazione della Piazza a Paolo VI

    La Giunta Comunale di Albano Laziale, il 14 novembre del 2003, vista la nota con la quale il Parroco della parrocchia “Cuore Immacolato della Vergine Maria” esprime il desiderio di vedere dedicato il largo d’ingresso dell’Edificio Sacro nel Comune di Albano Laziale al Pontefice Paolo VI, “ rievocando la storia della Parrocchia nel quartiere di Villa ferraioli, il Pontefice prese davvero a cuore il problema della costruzione del Complesso parrocchiale… così egli si associò quale indimenticabile benefattore…; di fronte a questo evento, che penso sia stato unico… propongo di intitolare il largo al Pontefice Paolo VI…” ha deliberato con voto unanime di denominare il piazzale antistante la Chiesa di Villa Ferraioli, ubicato tra Via Virgilio e via M. D’Azeglio: PIAZZA PAOLO VI PAPA (1963 – 1978)

    Sabato 5 giugno 2004, nella piazza antistante l’ingresso della Chiesa, alla presenza di S. E. l’Arcivescovo Mons. Agostino Vallini, Amministratore Apostolico della Diocesi di Albano, del Parroco Don Umberto Galeassi, del Sindaco di Albano Laziale, Dott. Marco Mattei, del Vice Sindaco Marco Silvestroni e vari componenti dell’Amministrazione Comunale di Albano, del Sindaco di Ariccia Vittorioso Frappelli, del Direttore delle Ville Pontificie Dott. Saverio Petrillo, dopo una solenne Celebrazione Eucaristica si è proceduto alla intitolazione ufficiale della Piazza.

    Perché una Piazza a Paolo VI

    Il Parroco, nell’intervista a cura del servizio televisivo diocesano andato in onda domenica 13 giugno 2004, così ha risposto: “Per chi volesse chiedersi perché proprio a Villa Ferraioli di Albano una Piazza intitolata al Grande Pontefice Paolo VI, credo che la risposta sia nella doverosa testimonianza di gratitudine e riconoscenza per il bene che il Quartiere ha ricevuto. Bisogna ricordare, infatti, che quando qui, negli anni ‘60 si progettò la costruzione del complesso parrocchiale con la Chiesa e le Opere di ministero pastorale fu proprio il Santo Padre Paolo VI ad associarsi alle famiglie, che già avevano avviato una costante sottoscrizione secondo le loro condizioni economiche piuttosto modeste. Per la “parola” del Comm. Dott. Emilio Bonomelli di v.m., Direttore delle Ville Pontificie di CastelGandolfo, del suo segretario Dott. Saverio Petrillo e del nostro concittadino Comm. Franco Ghezzi, il Pontefice venne a conoscenza delle problematiche piuttosto serie e ci aiutò a superare le non poche difficoltà. Manifestò così tanta benevolenza da esprimere perfino il desiderio di visitare il cantiere e incontrarsi con gli operai, cosa che non poté essere soddisfatta per mancanza di spazio; tutto era una miriade di tubi “innocenti” e “impalcature varie”. La costruzione risultava come in un imbuto e in una superficie limitata tra due palazzi già esistenti. Ma, per una iniziativa sua personale Paolo VI volle farci visita nell’indimenticabile pomeriggio del 3 settembre 1971 e pronunciò per questa Parrocchia il Suo discorso, quale programma pastorale da seguire e praticare nel tempo. È vero che già, in occasione del “Trentennio” della costruzione, il 27 ottobre 2001 con il nostro Vescovo S.E. Mons. Agostino Vallini se ne fece conveniente memoria anche con apprezzato volume, ricco di documentazioni e testimonianze, ma è stato più che giusto e doveroso, in occasione del XXV del Suo ritorno alla Casa del Padre e del XL della Sua elezione al Pontificato, dedicare all’augusta Persona di Paolo VI - Papa la piazza antistante l’ingresso dell’Edificio Sacro; e, come se ne è fatta petizione all’Amministrazione di Albano ne è derivata la “Delibera” a voto unanime, della Giunta Comunale. L’evento quindi della intitolazione della Piazza rimarrà, per le generazioni future un “segno distintivo della benevolenza e del buon cuore del Grande Pontefice Paolo VI di venerata memoria”, nonché della “vitalità” del nostro popolo.

  • Visita di sua Santità Paolo VI

    Il santo Padre Paolo VI, per Sua iniziativa, ha visitato la Parrocchia Venerdì 3 settembre 1971. Indescrivibile ed eccezionale è stata l’accoglienza da parte dei fedeli che gremivano la piazza prospiciente la Chiesa. Ad accogliere il Pontefice, il Vescovo di Albano, Mons. Rafaele Macario, il Parroco Don Umberto Galeassi, il Sindaco di Albano, Dott. Alfonso Benedetti e il Sindaco di Ariccia Dott. Angelo Filosofi. Nel discorso che tenne dall’Altare, il Papa ha esortato i fedeli a

    “… costruire la Chiesa spirituale… imparare a cementare insieme una comunità, la comunità della vostra Parrocchia prima di tutto, e con la visione anche più larga di tutta la città, il paese… e aumentare insieme una fusione di cuori, una cosa sola in Gesù Cristo…”.

    Al termine del discorso, dopo la recita del Padre nostro e dell’Ave Maria, il S. Padre ha impartito la Benedizione Apostolica. Più tardi, in data 2 ottobre 1975, il S. Padre faceva giungere alla Parrocchia il Suo Stemma in bronzo, opera dello scultore E. Manfrini. È stato collocato sul pilastro principale a destra dell’ingresso, al di sopra della Targa ricordo della visita del Pontefice. Lo Stemma e la Targa sono i due segni che ricorderanno nel tempo e nella storia la visita del pastore universale alla Parrocchia

  • Note architettoniche

    Premessa

    Ogni costruzione, in generale, interpreta e personalizza il pensiero del suo progettista. Per quanto riguarda la realizzazione di edifici per il culto, il progettista oltre ad infondere il suo stile progettuale deve cercare il più possibile di esprimere con le forme architettoniche, che compongono l’opera, il linguaggio proprio del culto che nel suo interno si pratica. L’arch. Sandro Benedetti, nel progettare il complesso parrocchiale di Villa Ferraioli, in Albano, con la chiesa dedicata al Cuore Immacolato della Vergine Maria, ha voluto esprimere nelle linee architettoniche il senso e il ruolo dell’architettura sacra in rapporto alla modernità. L’area in cui doveva sorgere il complesso non era delle più felici, parlando in senso di progettazione, in quanto doveva essere inserito in una porzione allungata di terreno circondato da abitazioni frutto dell’espansione edilizia post-bellica. Il progettista, per la penuria di spazio disponibile, ha dovuto prediligere uno sviluppo volumetrico verticale, sfruttando l’altezza limitando lo sviluppo planimetrico orizzontale, realizzando- come afferma l’architetto Benedetti- un’ architettura povera ed essenziale.

  • Biografia

    Marcello Semeraro è nato a Monteroni di Lecce, Arcidiocesi di Lecce, il 22 dicembre 1947. Ha ricevuto il sacramento del Battesimo nella chiesa parrocchiale del paese di origine il 24 gennaio 1948. Ha studiato al Seminario diocesano di Lecce e al Seminario Regionale di Molfetta (Ba), conseguendo la Licenza e il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense.
    Dopo l'ordinazione sacerdotale, avvenuta l'8 settembre 1971, ha svolto l'ufficio di Vice-Rettore nel Seminario arcivescovile di Lecce e successivamente in quello regionale di Molfetta. Nell'originaria Arcidiocesi di Lecce è stato pure Vicario Episcopale per il laicato e per il Sinodo Diocesano. Nell'ambito della Conferenza Episcopale Italiana è stato membro di diversi gruppi di lavoro.
    Docente di Teologia in diversi Istituti e Facoltà Teologiche, ha svolto ministero d'insegnamento soprattutto nell'Istituto Teologico Pugliese di Molfetta (Ba), di cui è stato Direttore per vari mandati successivi, e nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense dove ha occupato la cattedra di Ecclesiologia fino al momento della sua elevazione all'episcopato. Autore di diversi libri e articoli, specialmente nell'ambito dell'ecclesiologia, ha inoltre partecipato, come relatore, a simposi nazionali e internazionali.
    Il 25 luglio 1998 è stato nominato Vescovo di Oria (Br); ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 29 settembre 1998 ed ha iniziato il ministero pastorale in Oria il l0 ottobre 1998.
    Segretario speciale alla X Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi su "Il Vescovo ministro del Vangelo per la speranza del mondo" (settembre-ottobre 2001).
    Trasferito, il 1 ottobre 2004, alla Sede Suburbicaria di Albano, ha iniziato il suo ministero episcopale in questa Chiesa particolare il 27 novembre dello stesso anno.
       

     Attuali incarichi

    • Vescovo Delegato CEL per la Dottrina della Fede, Annuncio e Catechesi (2011).
    • Presidente del Consiglio d'Amministrazione di Avvenire dal 5 maggio 2007 e riconfermato il 14 maggio per un altro triennio.
    • Nominato da Benedetto XVI membro della Congregazione delle cause dei santi (31 gennaio 2009).
    • Nell'ambito della Conferenza Episcopale Italiana è Presidente della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l'Annuncio e la Catechesi dal 25 maggio 2010 per il quinquiennio 2010-2015. Membro del Consiglio Permanente della C.E.I. per lo stesso quinquennio.
  • Il vicariato di Albano

    Ha una popolazione, suddivisa principalmente tra i comuni di Albano Laziale e Castelgandolfo, che ammonta a circa 70.000 abitanti. Fanno inoltre parte del suo territorio le frazioni di Pavona, Cancelliera, Cecchina e le Mole di Castelgandolfo.
     
    È costituita da 11 parrocchie: nella città di Albano le quattro parrocchie di San Pancrazio (Basilica Cattedrale), Cuore Immacolato di Maria, San Pietro Apostolo, Santa Maria della Stella; poi la parrocchia della Sacra Famiglia di Nazareth a  Cancelliera, quella di san Filippo Neri a Cecchina, San Giuseppe e San Eugenio I a Pavona, quella del Sacro Cuore di Gesù nella frazione delle Mole di Castello, la parrocchia pontificia San Tommaso da Villanova in Castelgandolfo e Sant'Antonio di Padova a Santa Palomba.
     
    È il vicariato più rappresentativo poiché nella città di Albano sorge (fin dal III sec.), la Cattedrale costantiniana che è la "chiesa madre" della nostra Diocesi, intitolata a San Pancrazio martire. Sempre nella città di Albano hanno sede il palazzo e la Curia vescovile, cioè l'organismo del quale il vescovo si serve per amministrare pastoralmente la Diocesi tutta. Sempre ad Albano ha sede il Seminario vescovile, "cuore della Diocesi", in cui vivono i sacerdoti giovani e alcuni anziani con i ragazzi che si preparano al diaconato e al presbiterato. Le catacombe di San Senatore, sempre sul territorio del comune di Albano ci rendono testimonianza della lunga storia della nostra Diocesi, una delle Chiese più antiche ed illustri.
     
    Nel comune di Castelgandolfo, vi è la residenza estiva del sommo Pontefice, in un grande e  prestigioso palazzo che domina dall'alto la suggestiva e incantevole cornice del lago di Albano.
     
    Il vicariato di Albano è inoltre residenza di moltissime congregazioni religiose che hanno scelto negli anni e in alcuni casi, nei secoli, questi luoghi come residenza per le loro case generalizie, di formazione o anche come residenze estive.
     
  • La Diocesi

    Collocazione geografica
    Collocata a sud-sud ovest di Roma, la Diocesi Suburbicaria di Albano confina a nord con quella di Frascati, ad est con Velletri e Latina e ad ovest con il mare Tirreno.
    Il territorio diocesano comprende i comuni di Albano Laziale, Anzio, Ardea, Ariccia, Ciampino, Genzano di Roma, Lanuvio, Marino, Nemi, Nettuno e Pomezia, appartenenti alla Provincia di Roma e quello di Aprilia, che fa parte della Provincia di Latina, oltre a Santa Palomba, una piccola area del territorio della Capitale. La sua conformazione, dopo l’assorbimento nel VI secolo della diocesi di Anzio, non è sostanzialmente cambiata, anche se ha subito tagli importanti come quello del territorio di Grottaferrata, con la sua celebre abbazia e, recentemente, quello dei borghi di Latina.
    Ai fini pastorali il territorio è tradizionalmente diviso in tre zone: Colli, Mediana e Mare, ciascuna con propri caratteri peculiari. La Diocesi è anche divisa formalmente in sei Vicarie: Albano, Marino, Ariccia, Aprilia. Pomezia e Nettuno. Le parrocchie sono 76, più altre nove civilmente riconosciute, ma non ancora canonicamente costituite. Al 2006, il clero secolare conta 96 sacerdoti, il clero regolare 54; i diaconi permanenti sono 45.
  • La chiesa

    Il Crocifisso

    Entrando nell’Aula Ecclesiale si è immediatamente attratti dal grande Crocifisso Bronzeo che domina dalla parete centrale del tiburio fortemente illuminato dall’alto. È autentica riproduzione del Cristo del Tacca (1600) il cui originale è custodito a Firenze. È stato donato dalla Sig.ra Clotilde Cametti Paoluzzi di venerata memoria.

    Il Tabernacolo

    Con gli occhi della fede fissiamo poi il Tabernacolo in ottone dorato così ben aureolato dalla raggiera, che richiama la figura dei cherubini sull’Arca dell’Alleanza. Su disegno dell’Arch. Sandro Benedetti, è stato realizzato nel laboratorio artigianale di Giampieri Leopoldo in Roma.
  • Il Parroco

     

     Joseph Paul Palliparambil, nato ad Aroor (India)  il   17.05. 1964; ordinato sacerdote il 22.12.1990. Parroco della Parrocchia S.Caterina da Siena - Castagnetta- Ardea - Amministratore Parrocchiale della Parrocchia Cuore Immacolato della Vergine Maria, Albano Laziale - Notaio del Tribunale Ecclesiastico Diocesano

     

                                                                                                      

     

     

                                                                            IL  PARROCO  EMERITO

    Umberto Galeassi, nato ad Albano Laziale, il 25.08.1930, ordinato sacerdote il 29.06.1956 parroco dal 10 ottobre 1960 al 25 settembre 2013, è Cappellano di Sua Santità dal 16.08.2004 e Canonico Effettivo del Capitolo Cattedrale. E' Vicario Episcopale per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita apostolica.

    50 ANNI DI STORIA

    Dal 10 ottobre 1960, ininterrottamente, sono presente in questa Parrocchia “Cuore Immacolato della Vergine Maria”, ubicata nei due Comuni di Albano e Ariccia: erano passati pochi mesi dalla erezione canonica, 6 giugno 1959, per lo zelo pastorale di S.E. Rev.ma Mons. Raffaele Macario, il Presule che mi ha conferito l’Ordine del Presbiterato e per il quale esprimo gratitudine e riconoscenza con perenne ricordo nella preghiera


    Quella mattina celebrai la S. Messa nel piano terra del palazzo abitato dai dipendenti comunali, dal momento che già era stata avviata la pratica religiosa grazie al Parroco della Chiesa Cattedrale “S. Pancrazio” Mons. Cesare Guerrucci, dal Sac. Primo Stella in qualità di Vicario Economo e dalle Suore Oblate di Gesù e Maria.
    Giunsi in questa Parrocchia con poca esperienza pastorale svolta nei tre anni precedenti in Ariccia alla Parrocchia “S. Maria Assunta in Cielo”, comprendente allora anche la zona di Galloro.
    Ancora oggi mi tornano alla mente le figure dei due Parroci: D. Vito Martella prima e D. Fernando Salvestrini poi, sacerdoti di venerata memoria, e le Associazioni dei quattro rami di Azione Cattolica e l’Oratorio di Via Silvia. Mi fu utile quanto avevo assimilato nel Seminario Regionale di Anagni dai carissimi Padri Gesuiti. Ottima esperienza fu anche il tempo dedicato all’Ufficio Parrocchiale, all’assistenza religiosa ai malati e al servizio liturgico quotidiano nella Chiesa Parrocchiale.
    Iniziai quindi le attività pastorali in questo quartiere sviluppando e intensificando quanto avevo vissuto negli anni precedenti.
    Non è stato difficile, in seguito, svolgere la pastorale alla luce dei Convegni Diocesani secondo le direttive dei Vescovi che si sono susseguiti: S.E. Mons. Gaetano Bonicelli, S.E. Mons. Dante Bernini con l’Ausiliare S. E. Mons. Paolo Gillet, S.E. Mons. Agostino Vallini, attuale Em.mo Cardinale Vicario per la Diocesi di Roma, come al presente il Vescovo S.E. Mons. Marcello Semeraro.
    Oh, quante persone mi tornano alla mente e tutte le famiglie residenti nel Quartiere e visitate ogni anno nel Tempo di Quaresima in questi 50 anni !
    Ho sempre incontrato gente fondamentalmente buona e disposta ai valori morali, religiosi e sociali.
    Non sono mancati uomini e donne iscritti e operanti nelle file dell’Azione Cattolica con i gruppi di seniores, juniores, prejuniores, aspiranti maggiori e minori con il coronamento dei fanciulli ben distinti in “fiamme rosse e verdi” con le loro delegate.
    Che dire poi delle Associazioni dell’Apostolato della preghiera con riconoscimento al Centro Nazionale di Roma (di qui anche le Giornate Eucaristiche) e del Rosario Perpetuo ben collegata con il centro di S. Maria Novella a Firenze?
    Così c’è anche il Gruppo di Preghiera “S. Pio da Pietrelcina” collegato con S. Giovanni Rotondo e da vari anni la Visita Domiciliare Mensile della Sacra Famiglia con l’impegno che il nucleo familiare, il quale riceve in casa l’Immagine, si raccolga in preghiera e nella lettura del Vangelo.
    Non va dimenticata la realizzazione, già da molti anni, del Presepio grazie anche a Tomasi Pio e alla cornice dei collaboratori, dei quali si è fatta memoria nel volume pubblicato nel 2007.
    Indimenticabili sono state le Gare di cultura religiosa in Campo Diocesano e Regionale. A questo proposito conserviamo la bella medaglia del Papa Beato Giovanni XXIII consegnata al rappresentante del gruppo ragazzi: De Angelis Alessandro a C.Gandolfo (settembre 1962). Le gare di cultura religiosa si effettuavano anche con il Gruppo dei Ministranti, dei quali conserviamo in Parrocchia non pochi diplomi conseguiti.
    Come nel passato, anche al presente si fanno onore, con risposta generosa dei più grandi, i gruppi: Giovani, Giovanissimi e Ragazzi di Azione Cattolica con gli incontri settimanali di formazione e l’attività ricreativa nel piccolo ma attivo Oratorio del Sabato pomeriggio e della Domenica dopo la S. Messa Comunitaria animata al suono della chitarra da Giovanni, Daniele, Chiara, Giammarco e Matteo. A questo punto non si può fare a meno di ricordare le novizie delle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice, che per diversi anni hanno prestato aiuto e servizio a vantaggio dei nostri ragazzi e giovani venendo dalla Casa del Noviziato Internazionale di Castel Gandolfo.
    E se nel passato i nostri ragazzi hanno partecipato ai Campi Scuola del G.A.M. (Gioventù Ardente Mariana), al presente e, già da vari anni, godono dei Campi Scuola guidati dal Centro Diocesano di Azione Cattolica in unione con altre Parrocchie.
    Come non ricordare i bambini delle 3e - 4 e - 5 e con le loro rispettive insegnanti delle Scuole Elementari di Albano e di Ariccia quando si potevano svolgere nelle loro aule le venti lezioni di religione integrative gratuite! E, poi, quell’ora settimanale di Religione che mi faceva incontrare non poche centinaia di ragazzi nelle Scuole Medie Statali “Giovanni Pascoli” e “Luigi Negrelli” (attualmente “Roberto Pezzi”) fino a quando, per limiti di età, ho dovuto lasciare. Qualche insegnante, un po’ avanzata in età, mi ha richiamato alla mente il “Doposcuola” a vantaggio dei bambini e ragazzi del Quartiere negli anni ‘60 grazie al Centro Italiano Femminile (C.I.F.) di cui Presidente locale era la sig.ra Flora Costantini.
    In questo clima di incontri con i bambini e i ragazzi, ricordo l’attività catechistica per i Sacramenti della Iniziazione Cristiana, come al presente, grazie alle Catechiste, qualificate per la formazione morale e dottrinale offerta loro dal Centro Diocesano per la Catechesi. In loro ho sempre constatato tanta disponibilità e buona volontà. A dire la verità sono state tante le catechiste in questi 50 anni, comprese anche non poche Suore provenienti da vari Istituti, come le Suore Oblate di Gesù e Maria, le figlie di Maria Ausiliatrice, le Suore di Gesù Crocifisso, le Suore Pie Discepole, le Suore di Gesù Buon Pastore, le Suore Maestre Pie Filippini, le Suore Missionarie del S. Cuore di Hiltrup, le Suore della Sacra Famiglia di Nazareth, le Suore di Maria Immacolata.
    E, continuando, ecco alla mente le Escursioni Turistiche, dapprima con i ragazzi in gita premio e poi con gli adulti più volte, lungo l’anno, nelle città e Santuari al Centro, al Sud e al Nord della 

    nostra bella Italia: in primo piano a Lourdes più volte e in Terra Santa, Pompei e anche a Fatima e in Polonia con particolare sosta al Santuario della “Divina 

    Misericordia” di Cracovia, ad Auschwitz Birkenau e a Czestochowa nel tanto venerato Santuario Mariano di Jasna Gora, poi a Torino per l’ostensione della Sacra Sindone.

    Sono stati sempre autentici pellegrinaggi con l’arricchimento della fede e della spiritualità dei partecipanti.
    Più volte è stato presente con i nostri fedeli anche Mons. Romolo D’Ottavio, canonico della Chiesa Cattedrale S. Pancrazio.
    Cammin facendo, mi sono tornate alla mente le prime “Missioni Popolari” (svolte dal 1° al 12 marzo 1967) predicate dai Missionari Imperiali Borromeo di Roma e realizzate a carattere cittadino.
    Fu concretizzato un intenso programma coinvolgendo tutte le categorie: dai bambini ai ragazzi, attraverso le Scuole, e poi alle mamme, agli intellettuali, agli impiegati e professionisti raggiunti anche nelle loro sedi di lavoro e vi furono varie manifestazioni, pellegrinaggi mariani e ore di adorazione.
    A ricordo di quelle Missioni è presente sul viale Luciano Scalchi, in vicinanza con via Massimo D’Azeglio, il grande Crocifisso.
    In occasione dell’Anno di Fede indetto dal Papa Paolo VI, furono svolte, nel periodo della Quaresima, Giornate speciali di Preghiere e di Istruzione Religiosa così da impegnarci a portare il Vangelo ad ogni famiglia grazie alla collaborazione delle Suore Figlie di San Paolo. In altro periodo è degna di ricordo la “Marcia dei Continenti”, in occasione della “Tre Giorni Missionaria” 

    ideata e realizzata dal Sen. Zaccaria Negroni per il quale è aperta la causa di beatificazione. Importante fu la presenza di Fratel Carretto, a suo tempo dirigente nazionale della Gioventù di Azione Cattolica, poi membro dei piccoli fratelli di Focault e missionario nel Sahara. Meraviglioso fu il tema che egli trattò sulla fraternità umana attorno alla Mensa Eucaristica.

    Non è difficile incontrare adulti che ricordano l’attività sportiva della Parrocchia sul Campo Pio XII in via Olivella e al Campo Sportivo del nostro Seminario.
    Dal calcio non fu difficile passare all’attività della “Filodrammatica”. Così la nostra Parrocchia apriva i battenti alla scuola di “Recitazione” guidata e diretta dai coniugi Guglielmo Francesco e Telese Annamaria. Non avendo la Parrocchia, a suo tempo, le strutture necessarie, si ricorreva alla Sala delle Suore del S. Cuore di Hiltrup in via dei Villini, che sempre gentilmente la concedevano e proprio là furono rappresentate non poche recite e con buon successo.
    A dire il vero, questo clima di “Teatro” è subentrato nel nuovo complesso parrocchiale grazie alla famiglia Ascione e attualmente con gli “educatori” di Azione cattolica quali Desiderio Maria Rosaria e Bernardi Sara con la collaborazione di Chiappa Giacomo, Cimino Marta, Conciatori Daniele, Gramiccioli Valerio, Mastrostefano Miriam.
    Man mano è cresciuto il numero della popolazione e si è praticata anche la Festa Titolare della Parrocchia e sono venuti alla luce i due bei dipinti su tela (il Sacro Cuore di Gesù a braccia aperte come per accogliere tutti e il Cuore di Maria che esprime l’amore della Madonna) eseguiti da Duilio Colombari; contemporaneamente, Cusano Feliciantonio e Izzo Sebastiano, con il loro gusto artistico e con le loro capacità tecniche, realizzarono la prima illuminazione folkloristica nel Quartiere. Già dallo scorso anno 2009 è tornato, con nuove tecniche, questo segno di festa nei tratti delle vie antistanti la nostra Chiesa per la Festa Titolare l’ultimo sabato di maggio. In questa circostanza, entrata ormai nella vita pratica religiosa del Quartiere, è la partecipazione ufficiale dei Sindaci di Albano e di Ariccia che ci onorano sempre anche con i loro rispettivi “Gonfaloni”.
    I Ministranti dalla veste liturgica festiva, guidati dai fratelli D’Annibale: Gabriele prima ed Emanuele poi, sono sempre “corona e gioia” della nostra Comunità. Accanto a loro emergono i carissimi e numerosi “Cavalieri del Cuore Immacolato della Vergine Maria”, che danno una nota di particolare solennità.
    Qualche foto del passato ha fatto venire in mente gli Anni Santi: 1975 con i pellegrinaggi alla “Porta Santa” delle Quattro Basiliche Maggiori a Roma. Poi, “l’Anno Santo della Redenzione” indetto dal S. Padre Giovanni Paolo II dal 25 marzo 1983 al 22 aprile 1984 per il 1950° anniversario del Mistero Pasquale di Gesù. E’ stato un Anno Santo vissuto nell’impegno della riconciliazione con Dio e i fratelli e siamo stati aiutati a riscoprire e valorizzare i Sacramenti ad uno ad uno, come aveva ricordato il S. Padre nella Bolla di indizione il 6 gennaio 1983. A ricordo di questo Anno Santo c’è il Grande Crocefisso presso l’altare del S. Cuore e poi si è celebrato, sabato 28 aprile 1984, il Rito della Consacrazione (Dedicazione) della nostra Chiesa; infatti, era stata soltanto benedetta in quel primo ingresso di sabato 5 giugno 1971, giorno di inaugurazione, con S.E. Mons. Macario.
    Segno vivo della Consacrazione avvenuta sono le Croci di Bronzo collocate sui pilastri principali in quel punto dove, per le mani di S. E. Mons. Bernini, avvenne l’unzione con il sacro Crisma.
    A questo proposito meritano di essere ricordate, quali madrine, le signore: Alma Limiti Cocozza, Anna Cametti, Rosa Albertini Lucifero, Teresa Luisa Maletti Gianfelici.
    Abbiamo vissuto in Parrocchia anche una seconda “Missione Popolare” dal 10 al 24 novembre 1985 unitamente a S. E. Mons. Dante Bernini e alle Parrocchie della Vicaria, esattamente sul tema: “Libertà, Giustizia e Pace nascono da un cuore nuovo: Cristo cuore del mondo”.
    Noi sacerdoti e popolo di Dio progettammo di metterci in atteggiamento di conversione per rivedere e rinnovare la nostra vita sulle linee del Vangelo. Avvertimmo la necessità di accostarci di nuovo alla parola di Dio come fonte di rinascita interiore.
    Per questo le Missioni si svolsero prevalentemente nelle case, in centri di ascolto, per le strade e nelle piazze.
    Coordinatore fu il P. Filippo Piccioni dei Frati Minori Cappuccini, con l’assistenza di vari suoi Confratelli o Sacerdoti giunti dall’Aquila, da Cittaducale, da Bracciano, da Viterbo, da Roma, da Fiuggi, da Velletri.
    Ancora un particolare ricordo emerge per la Visita Pastorale di S. E. Mons. Dante Bernini sul tema: “Il Signore viene a visitare il suo popolo”. Fu realizzata, dopo accurata preparazione, nella settimana dal 16 al 23 novembre 1986.
    Ebbe inizio con la intronizzazione della Parola di Dio: si può osservare sul lato sinistro dell’Aula Ecclesiale il leggio e sovrastante, in ferro battuto, l’aquila simbolo dell’evangelista Giovanni. Fu un “incentivo” perché anche nelle singole famiglie fosse intronizzata la copia della Bibbia, che tutti poterono ritirare in parrocchia con la Benedizione del Vescovo.
    Tanti furono gli incontri con il Vescovo, a partire dai bambini in Parrocchia come nelle scuole ubicate nel Quartiere con i loro Direttori, gli insegnanti, il personale di segreteria e il personale non docente; così anche con tutti i ragazzi delle Scuole medie.
    Per tutti fu piacevole conversare con il Vescovo. Gli alunni e i rispettivi docenti furono ospiti del nostro Auditorium.
    Mons. Bernini oltre ad incontrarsi con le Associazioni Parrocchiali e quindi i Gruppi “Caritas” e “Giovani”, visitò non pochi malati nelle loro abitazioni e poi in ospedali e case di riposo come la casa “Madre Tecla” delle Suore Figlie di S. Paolo. Ci fu anche l’incontro con i genitori dei bambini comunicandi e cresimandi. Infine, a coronamento della visita, fu l’assemblea con la presentazione della Radiografia della Parrocchia.
    Non può passare sotto silenzio l’Anno Mariano indetto dal S. Padre Giovanni Paolo II dalla Pentecoste 1987 al 15 agosto 1988, solennità dell’Assunta, usufruendo in quell’Anno anche del dono della “Indulgenza plenaria”.
    E poi il grande Anno Giubilare 2000 con l’invito a riscoprire quale “porta santa” quella che sta accanto alle nostre abitazioni. Anche in questo anno non sono mancati i Pellegrinaggi alle Basiliche Romane e anche in Terra Santa.
    Tre mosaici realizzati dai ragazzi della Scuola Media Statale “L. Negrelli” (oggi “R. Pezzi”) sotto la guida della prof.ssa Patrizia Loretelli, bene evidenziati sulle pareti della nostra Chiesa, sottolineano un intenso lavoro su distinti temi religiosi.
    Non è mancato l’impegno dell’ Ufficio Parrocchiale, né va dimenticata la sensibilità dei Parrocchiani per il Seminario con la “Borsa di Studio”, a partire dal 1979 in occasione del “ventennale” della erezione canonica della Parrocchia (6 giugno 1959) e tuttora in atto, come anche qualche adozione a distanza di bambini in terra di missione e l’aiuto alla Sierra Leone con riferimento alla Diocesi di Makeni.
    Le celebrazioni liturgiche vengono arricchite con i canti del “Coro polifonico” guidato dai “maestri” Ascione Pellegrino e Chiara, mentre la preghiera vocazionale trova il suo apice al Seminario Regionale di Anagni con Gabriele e nei Monasteri delle Agostiniane a Roma con Francesca e delle Minime di S. Francesco di Paola a Grottaferrata con Ernestina.
    Non è stata dimenticata la preparazione dei fidanzati alle nozze sia attraverso il Centro Diocesano famiglia con il responsabile Mons. Carlino Panzeri e suoi collaboratori sia con il gruppo parrocchiale degli animatori: i coniugi Renato e Maria Luigia Curci, Luigi Liberati, la dott.ssa Antonietta Visconti e, di venerata memoria, la teologa Norma Mancini Badiali e l’ostetrica Silvana Santini.
    Che cosa dire delle persone anziane e sofferenti, che oggi nel Quartiere hanno una forte prevalenza nella popolazione?
    Come nel passato non sono state mai dimenticate, così nel presente hanno l’assistenza religiosa anche grazie ai ministri straordinari della Comunione Eucaristica che provvedono con zelo e amore fraterno. Oltre tutto, nello svolgimento della Liturgia, nella Chiesa parrocchiale sono frequentemente ricordate e le sentiamo vicine, quali anime associate a Cristo sulla via della Croce e sono le più gradite a Dio e alla Chiesa.
    Per quanto riguarda il settore “Caritas” è vivo il ricordo di quanto si svolgeva nelle visite a persone sole e sofferenti aiutate, con iniziative varie, ad uscire dalla solitudine, tante volte, nella propria abitazione o nella degenza in case di accoglienza o istituzioni varie. Fa piacere ricordare l’animatore Nello Badiali, con la buona cornice di anime sensibili a questi compiti, come: i coniugi Giuseppe e Brigida Della Pietra, i coniugi Carlo e Mafalda Binarelli, Ezzelina Santarelli, Luigina Gennari, Vittoria Allegretti, Liliana Degani, Cesarina Giavari, Paola Binarelli, Lina e Lorella Lorenzetti, Gianluca Pelle. Di venerata memoria e già nella Casa del Padre, sono da ricordare: Mario Guerrucci, Elide Tozzi, Giuseppina Viti, Lucia Scipioni, Elvia Giurioli, Giuseppina Brugnoli, Luciana Salustri, Norma Mancini.
    Questo Complesso Parrocchiale comprendente la Chiesa e la Cappella, quali luoghi di culto, le Aule per la Catechesi, la sala dell’Oratorio, l’Auditorium con 200 e più posti e gli Uffici con l’Abitazione del Parroco è stato voluto fortemente dai primi abitanti del Quartiere negli anni 1960 - 1970. Allora nacquero tante attività quali il “Laboratorio Femminile d’impiego del Tempo libero” presieduto e animato nel passato dalla sig.na Maria Ascenzi di venerata memoria e al presente animato da varie signore di tanta buona volontà con la guida della sig.ra Carla Giacomini. Ci sono state non poche sottoscrizioni mensili di tante famiglie e anche i bambini gioiosamente rinunciavano ad una ghiottoneria per donare l’equivalente pro erigenda Chiesa e tutto il Complesso, per il quale sono stati impiegati dieci anni: dal 1965, con la posa della prima pietra il 3 luglio 1965, fino al 1975, con la realizzazione del Campanile e la consacrazione delle quattro campane per le mani di S. E. Mons. Raffaele Macario.
    Fu necessario ricorrere a varie iniziative perché si era ben consapevoli che il “Risarcimento Danni Bellici” per una parte delle “Cappelle” distrutte in Albano-Centro nell’ultima Guerra mondiale non sarebbe stato sufficiente per la nostra Costruzione.
    Quali furono queste “Cappelle” chiamate anche “Oratori”, cioè “Centri di Preghiera” guidati da Confraternite?
    Furono: la Cappella (Oratorio) del SS.mo Sacramento attigua alla Chiesa di S. Pietro e quella del SS.mo Rosario sulla piazza del Duomo davanti alla Chiesa Cattedrale.
    Sull’area di questi luoghi di culto oggi, e fin dal primo dopoguerra, sono i parcheggi del Comune di Albano, in sostituzione dei quali si è avuta in permuta la superficie di mq. 940 (riscontrati poi di meno) e sui quali si è realizzato il nostro Complesso Parrocchiale.
    A questa realtà problematica, ma tanto illuminata dall’entusiasmo del primo popolo ferraiolino, si aggiunse la carità del Santo Padre di venerata memoria, il Servo di Dio Papa Paolo VI, grazie alla parola del Commendatore Dott. Emilio Bonomelli con il Dott. Alessandro Silvestri e l’Ing. Fernando Maggi, nonché del Commendatore Franco Grezzi, del quale un giorno il Papa mi disse: “ ... ma lei ha qui un avvocato”.
    Indimenticabile fu la visita del Pontefice, per Sua iniziativa, venerdì 3 settembre 1971, come ricorda la targa di bronzo all’ingresso della Chiesa. Preziosi sono i Suoi ricordi inviatici dal Suo segretario S.E. Mons. Pasquale Macchi di venerata memoria: lo Stemma del Pontefice e la statua, opera in bronzo dello scultore Enrico Manfrini. Quale gratitudine e riconoscenza e a perenne ricordo di quella visita, si è ritenuto doveroso presentare all’Amministrazione Comunale di Albano la richiesta (8 luglio 2003), con una generosa sottoscrizione del popolo ferraiolino, di intitolare il “Largo” prospiciente l’ingresso dell’Edificio Sacro, al Pontefice Paolo VI. Ciò è avvenuto sabato 5 giugno 2004, unitamente alla Festa Titolare della Parrocchia, a ricordo del XL della elezione al Pontificato di Paolo VI e del XXV del Suo ritorno alla Casa del Padre.
    Di queste ricorrenze, il segretario S.E. Mons. Pasquale Macchi fece giungere alla nostra Parrocchia la “Medaglia Commemorativa”.
    La cerimonia della Intitolazione della Piazza, con la celebrazione Eucaristica, fu presieduta da S. E. Mons. Agostino Vallini (oggi Em.mo Cardinale), il quale nell’Omelia tratteggiò la Figura e il Magistero di Paolo VI (cfr. “Vita Diocesana” n. 2/2004, pagg. 88-93); straordinaria fu la partecipazione del popolo con la presenza delle Autorità locali.
    Da quel giorno, quindi, il piazzale ubicato all’intersezione di via M. D’Azeglio e via Virgilio è intitolato: “Piazza Paolo VI - Papa (1963 - 1978)”.
    E’ anche importante ricordare come nel suo piccolo la Parrocchia abbia voluto rendere ulteriore omaggio a questo grande Pontefice nel trentennale del Suo pio transito (6 agosto 1978). Infatti, nel pomeriggio di sabato 25 ottobre 2008, presso il nostro “Auditorium”, è stata rievocata la Sua figura attraverso la sapiente esposizione del nostro vescovo S.E. Mons. Marcello Semeraro.
    Dio benedetto e glorioso nei secoli voglia concedere presto qui in terra la glorificazione al Venerabile Papa Paolo VI, mentre siamo già certi che Egli dal Cielo continua ad essere per la nostra Parrocchia un perenne protettore.
    Le nuove generazioni che vorranno approfondire la storia di questa parrocchia potranno consultare le due pubblicazioni, ricche di documenti, edite nel 2001 e 2007.
    Sono grato al carissimo Mons. Monaldo Cenciarelli, Parroco della Chiesa della SS.ma Trinità in Genzano di Roma. Dio l’abbia nella Sua Gloria! Rivolgendomi a lui per un consiglio su come amministrare ciò che era ed è della Parrocchia, mi dette il giusto suggerimento: Registri Buffetti. E così ho fatto fino al presente.
    Sono 12 Registri Buffetti di contabilità a partire dal 10 ottobre 1960 al presente 2010. A questo proposito ho desiderio vivo che i suddetti “Registri“ non vengano smarriti perché sono un saggio di fede del popolo ferraiolino dal primo sorgere della storia di questa Parrocchia del “Cuore Immacolato della Vergine Maria” in Albano - Ariccia.
    Tutto, a dire il vero, è stato come un sogno! Ho dovuto concentrarmi non poco per ricordare almeno in linea di massima il cammino portato avanti con le attività pastorali e non posso fare a meno di ricordare i Sacerdoti degli Istituti religiosi di Albano che mi sono stati vicini e per questo non è mai mancato l’aiuto per le Sante Messe e per il Sacramento della Riconciliazione. Sono di venerata memoria: D. Carlo Dragone, D. Rosario Francesco Esposito, D. Giuseppe Pasquali, D. Guido Pettinati, D. Vincenzo Iannuzzi, D. Guerrino Pelliccia, D. Giuseppe Laselva, D. Giovanni Robaldo, D. Gerardo Franza, D. Luigi Rolfo, D. Domenico Spoletini, D. Antonio Maselli, D. Giuseppe Viano.
    Sono grato ai giovanissimi sacerdoti del Clero Diocesano: D. Mauro Verani, D. Alessandro Saputo oggi diligenti e zelanti Parroci in Diocesi e attualmente P. Ennio Di Giampasquale. Meritano di essere ricordati inoltre: P. Tommaso Mastrolitto e D. Davide Arpe.
    Mi sarebbe piaciuto provvedere ad una superficie di terra, almeno 500 metri, per realizzare un “Campetto Sportivo” a vantaggio dei ragazzi del Quartiere; per questo mi rivolsi, più volte, al signor Marchese Alessandro Ferraioli, ma invano.
    A questo proposito la Parrocchia, con me, è grata alla famiglia della Società S. Paolo per quanto ci è stato concesso, nel passato, circa l’uso del loro “campo” con l’augurio che ci possa essere concesso anche in un prossimo futuro.
    Di fronte a tutta questa panoramica sopra esposta, emerge, per la disponibilità e la collaborazione, Simone, che tutti conoscono e stimano.
    Concludendo, mi sento in dovere con tutta la popolazione della Parrocchia di ringraziare il Signore.
    Ecco il significato del canto del “Te Deum” di Ringraziamento al termine della S. Messa.
    Mi sento, però, anche in dovere di chiedere “venia” se c’è stata qualche “lacuna” o l’inadempimento di qualche cosa o dovere, per cui abbiate con me la bontà di supplicare la Divina Misericordia.
    Voglia il Signore benedire tutte le famiglie del Quartiere di Villa Ferraioli e un particolare grazie va, da parte mia, a chi si è prodigato a vantaggio di questa Parrocchia.
    Nell’ora presente necessita nuovo slancio per una rinnovata educazione alla fede. Mi auguro che nessuno venga meno alla testimonianza dell’amore di Dio e della Chiesa e sappia spalancare, come è viva voce del Papa Giovanni Paolo II, le porte a Cristo Signore.

    Albano, 10 ottobre 2010

    Mons. Umberto Galeassi
    Parroco

  • Il territorio

    La nostra Parrocchia è costruita sul territorio del comune di Albano Laziale, anche se pastoralmente comprende anche una parte del territorio del comune di Ariccia. È opportuno quindi fornire alcune notizie storiche sulle due città.

      ALBANO LAZIALE -  ALBALONGA -  MATER URBIS

    Città dell' archeologia, delle dimore storiche e della musica.

    Il  nome di Albano deriva, secondo la tradizione, direttamente da Albalonga, la città che il mito vuole fondata da Ascanio o Iulo, figlio di Enea, arrivato in Italia col padre dopo l’incendio di Troia.

    Pur non conoscendo nulla sulle sue origini né sulla sua esatta collocazione (l’ipotesi più accreditata la colloca nella zona dell’attuale Castel Gandolfo), si sa che questa città fu la più importante fra quelle della Lega Latina, una lega di carattere innanzitutto religioso, che si era trovata poi ad affrontare il crescente potere di Roma.

  • Terza Domenica di Pasqua

     
    Commento alle Letture della Terza Domenica di Pasqua
    Anno B
    Lc 24, 35 - 48

    Tante volte nella nostra giornata ci facciamo molte domande, ci fermiamo a meditare, a pregare a domandarci quale sia la volontà di Dio... ma non sempre riusciamo a trovare una risposta che soddisfi pienamente le nostre aspettative e i nostri desideri. Sappiamo bene che il Signore Gesù è risorto, il Crocifisso è vivo ed è con noi fino alla fine dei tempi, ma... Tante domande e tanti interrogativi rimangono! Il Signore è veramente risorto? Io l'ho incontrato veramente...?

    Forse è la stessa domanda che si fanno i discepoli di Gesù il giorno stesso di Pasqua quando ricevono la notizia della tomba vuota, l'annuncio delle donne che hanno avuto la visione di angeli, quando i discepoli di Emmaus tornando nel cenacolo annunciano di averlo visto vivo e di averlo riconosciuto nello spezzare il pane.

    Gesù appare ai suoi apostoli proprio nel momento della loro incredulità, della difficoltà di comprendere il grande mistero della resurrezione, non li rimprovera per la loro poca fede, per averlo tradito, abbandonato, rinnegato ed essere fuggiti ma fa loro il più grande dono quello della pace, "pace a voi" che siete senza speranza e nella morte, la vera pace è l'incontro stesso con il Cristo, che ridona vita e vita piena nel nuovo incontro con Dio. Inoltre Gesù non si mostra come un fantasma ma come il vivente "perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho". Sono proprio i segni della passione che fanno riconoscere Gesù e il cuore dei discepoli si riempie di gioia e di stupore. Ecco il secondo grande dono del Risorto dopo la pace, che ha permesso di accogliere e di accettare il perdono per la nostra debolezza, è la gioia che invade il cuore dei discepoli. La gioia della Pasqua, quella gioia che ha vinto la morte e il peccato, è la gioia che non può essere contenuta, deve essere trasmessa, annunciata, condivisa, portata sino ai confini della terra.

    È proprio questo l'invio che il Signore Risorto fa ai suoi discepoli, essere testimoni della gioia, predicando la conversione e il perdono dei peccati. Spesso erroneamente pensiamo che il tempo della conversione sia solo quello della Quaresima, non è così! È il tempo pasquale il tempo per eccellenza della conversione, il tempo di impostare tutta la nostra vita come uomini e donne nuovi, che hanno incontrato il Signore Risorto e pieni di gioia vivono come persone risorte.

    Questa vita nuova si realizza non a parole, ma attraverso le scelte di ogni giorno, attraverso la concretezza degli atti quotidiani che debbono essere conformi alla volontà di Dio e al messaggio del Vangelo. Infatti "da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c'è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto".

    Gesù oltre alla conversione ci invia ad annunciare il perdono dei peccati. Possiamo essere testimoni e araldi di questo amore misericordioso di Dio proprio perché consapevoli del nostro peccato, abbiamo accolto quell'amore di Dio che non si è scandalizzato della nostra debolezza ma ha trasformato, come dice il salmista, "la nostra tristezza in danza, il nostro abito di lutto in abito di gioia" divenendo così strumenti di misericordia e di perdono verso i nostri fratelli.

  • Benedetto XVI, sette anni di pontificato

    “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.

    (Mt 16,18)

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