Commento al Vangelo nella solennità di “Tutti i Santi”
Mt 5,l-12a
Con grande gioia celebriamo la solennità di Tutti i Santi. In questa festa ricordiamo non soltanto i santi canonizzati, che sono già menzionati nel calendario, ma anche tutti gli altri santi di cui non si fa memoria. Essi sono innumerevoli: tanti cristiani e tante cristiane che sono stati fedeli alla grazia del loro battesimo, hanno seguito Cristo con amore e ora si trovano con lui nella gloria e nella gioia del cielo.
Nel Vangelo Gesù ci dà la «magna charta» della santità, presentandoci le beatitudini. Questo testo, che merita di essere meditato a lungo, deve guidarci nella nostra vita cristiana e deve infondere in noi slancio, fiducia e gioia.
In questo brano il continuo ripetersi - otto volte - dell'espressione «beati» è una manifestazione dell'amore del Signore. Egli ci vuole beati, felici. Non si rassegna alla nostra condizione umana, talvolta penosa, ma ci spinge verso la beatitudine perfetta, che si trova nella relazione con lui: una relazione di amore, di fiducia e di gioia.
Le beatitudini hanno anche un aspetto di contestazione. Contestano una falsa idea di felicità, un'idea umana di felicità, caratterizzata dall'egoismo e dai limiti della mente umana. Il mondo dice: «Beati i ricchi»; Gesù invece proclama: «Beati i poveri». Il mondo dice: «Beati i dominatori»; Gesù dice: «Beati i miti». Il mondo dice: «Beati coloro che impongono la loro volontà e sugli altri portano avanti senza scrupoli e senza nessuna pietà i loro progetti»; Gesù dice: «Beati i misericordiosi». Perciò dobbiamo rinunciare a una nostra certa idea di felicità, per accogliere la vera felicità che ci viene indicata dalle beatitudini di Gesù.
La base della vera felicità si trova nella povertà spirituale, cioè nel distacco dalle cose materiali. Se siamo attaccati alle cose, al denaro, ai possessi, il nostro spirito non può raggiungere la beatitudine, la gioia vera e perfetta, perché è come soffocato dall'aspirazione ad avere sempre di più e a godere sempre di più.
Gesù dice: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli». Questi poveri sono i più ricchi di tutti, perché ad essi appartiene il regno dei cieli. Per avere questa ricchezza spirituale, dobbiamo distaccarci da quella materiale. Queste due ricchezze non vanno d'accordo tra loro, in quanto l'una ostacola l'altra.
Noi fedeli ci dobbiamo distaccare dalla nostra inclinazione alla ricchezza materiale e compiere opere di generosità. Così dimostriamo di essere «poveri in spirito», cioè di essere ricchi di slancio spirituale, e poveri nel senso che siamo distaccati dalle cose materiali, dal nostro egoismo.
Dobbiamo accogliere sempre meglio questa beatitudine che Gesù ci presenta come prima, cioè come beatitudine fondamentale. Dobbiamo essere veramente generosi, non essere ripiegati su noi stessi e sulle cose che possediamo. Noi abbiamo delle cose, ma dobbiamo considerarle occasioni per manifestare il nostro amore per tutti, specialmente per i più bisognosi e per quelli che sono in difficoltà.
Nella seconda beatitudine Gesù ci dice una cosa sorprendente: «Beati gli afflitti, perché saranno consolati». Noi non penseremmo di chiamare «beati» gli afflitti. Secondo le nostre prospettive, dove c'è afflizione non ci può essere felicità. Invece, nella prospettiva di Gesù, c'è beatitudine anche là dove c'è afflizione, sofferenza e dolore; c'è beatitudine nel momento stesso dell'afflizione. È la beatitudine della speranza. Spiega Gesù: «Perché saranno consolati». Chi non è nell'afflizione, non può essere consolato; non c'è posto in lui per la consolazione. Invece, chi si trova nella tribolazione, nella prova e nella sofferenza è aperto e può ricevere la consolazione.
Gesù ha dato a questa beatitudine un significato molto più profondo attraverso la sua croce. Pertanto, sono beati gli afflitti, perché si trovano uniti alla croce di Cristo. Essa è là sorgente di ogni vera consolazione, perché è una croce vittoriosa, segno di un amore spinto all'estremo. Essa unisce a Dio e promette gioia. Gli afflitti devono sapere che sono consolati sin d'ora, come ci dice Paolo: «Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2 Cor 1,5).
Gesù poi proclama: «Beati i miti, perché erediteranno la terra. Qui abbiamo di nuovo un'affermazione sorprendente. Per estendere il suo potere, l'uomo spontaneamente ricorre alla violenza, come possiamo constatare nel nostro mondo martoriato dagli odi e dalle guerre. La violenza viene esercitata per far prevalere la propria volontà, per estendere il proprio dominio, per avere una soddisfazione nel dominare sugli altri. Gesù invece dice: «Beati i miti, perché erediteranno la terra». In effetti, tutte le cose ottenute con la violenza prima o poi ci verranno tolte; esse non costituiscono una ricchezza stabile. Invece, le cose ottenute con gesti di pace, di mitezza e di dialogo, sono molto più durature, perché sono basate sulla concordia, e non sulla divisione e sul conflitto.
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati». Le nostre aspirazioni devono andare nella giusta direzione. C'è in noi l'impulso della fame e della sete, ma noi lo possiamo e dobbiamo orientare nel senso della fame e della sete di giustizia. Nella prospettiva biblica, la giustizia significa in definitiva la santità; perciò si può anche dire: «Beati quelli che hanno fame e sete della santità, perché saranno saziati». Se indirizziamo le nostre aspirazioni a questo fine, allora possiamo essere certi che esse saranno soddisfatte: Dio ci aiuterà efficacemente ad andare verso una santità che corrisponda alla nostra vocazione personale.
La santità non richiede necessariamente di fare cose straordinarie, ma la si ottiene nella vita ordinaria, con la fedeltà al Signore e con l'aspirazione profonda a corrispondere alla sua volontà di amore. Le cose ordinarie, fatte con grande amore, con adesione alla volontà di Dio, sono occasioni di santità.
Ci possiamo chiedere di che cosa in realtà noi abbiamo fame e sete, in quale direzione vanno le nostre aspirazioni più forti e più profonde. Esse vanno realmente nella direzione della santità? Oppure ci accontentiamo di aspirazioni più modeste? In questo caso, non saremo saziati, I nostri cuori, infatti, sono fatti per aspirazioni più alte. Per questo dobbiamo tenere «in alto i nostri cuori», come diciamo nella liturgia eucaristica. Dobbiamo avere un'ambizione spirituale, cioè avere fame e sete non della nostra soddisfazione personale, ma della santità che ci viene offerta da Dio.
Questa è una santità di amore, come ci fa capire la beatitudine successiva: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia». Sono beati innanzitutto coloro che perdonano e che non conservano rancore, né cercano la vendetta. Questi sono i misericordiosi. D'altra parte, sono beati coloro che hanno pietà dei loro fratelli meno felici, più poveri. Beati i misericordiosi, cioè quelle persone che fanno opere di misericordia, si occupano dei poveri, dei malati, dei prigionieri ecc. La misericordia ci unisce al cuore di Gesù e ci dà una gioia profonda.
«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio». Essere puri di cuore vuol dire non accettare nel proprio cuore nessun pensiero cattivo, nessuna intenzione egoistica, nessuna aspirazione orgogliosa. Il cuore è l'intimo dell'uomo, e la purezza di cuore consiste nel rigettare da esso tutto ciò che va in una direzione cattiva. Ovviamente anche la castità fa parte della purezza di cuore; ma la purezza di cuore comprende molti altri aspetti, richiede di respingere ogni cosa che possa inquinare la nostra coscienza.
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». Il nostro mondo è ancora pieno di violenze. Occorre che tutti ci mettiamo d'accordo per far progredire la pace, e così saremo veramente figli di Dio. Dio è un Dio di pace, un Dio di concordia, un Dio generoso, che vuole dare a tutti gli uomini la soddisfazione di vivere uniti nella pace.
Le ultime beatitudini sono le più difficili da accettare per la nostra mentalità umana: «Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi, quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». Per noi è difficile accettare di essere perseguitati per causa della giustizia, cioè avere nemici che ci vogliono far del male proprio perché noi facciamo il bene; essere perseguitati senza nessun motivo valido, ma unicamente perché viviamo nella rettitudine e nella ricerca del bene di tutti. Proprio per questo ci sono persone che non sopportano la nostra presenza e il nostro comportamento e fanno del tutto per contrastarci ed eliminarci.
Gesù ci dice: «Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli», Qui Gesù non parla di una ricompensa futura (non dice: «Grande sarà la vostra ricompensa nei cieli»), ma presente (dice: «Grande è la vostra ricompensa nei cieli»). Già adesso, nel momento della persecuzione, ci dobbiamo rallegrare, perché siamo già ricchi di una ricompensa meravigliosa, la ricompensa celeste.
Le beatitudini di Gesù sono tutto un programma di felicità. Un programma esigente, che ci costringe a cambiare le nostre prospettive abituali, per adottare i pensieri e i desideri di Gesù. Tutti siamo chiamati alla santità, tutti siamo chiamati a vivere le beatitudini, ciascuno secondo la misura di grazia ricevuta e secondo le circostanze della propria esistenza. Ma ciascuno di noi è chiamato con grande amore da Dio a una vita veramente cristiana, a una vita di unione al cuore di Gesù nei pensieri, desideri, nelle decisioni e nelle azioni.
Dobbiamo rallegrarci ed essere immensamente riconoscenti a Dio, che ci chiama a una vita così bella e ci prepara una gioia infinita nell'unione eterna con la sua vita di amore.