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XI Domenica del Tempo Ordinario

Commento al Vangelo della XI domenica del Tempo Ordinario

Anno B

 

La liturgia di oggi ci fa meditare su due atteggiamenti che il cristiano deve vivere ogni giorno: la fiducia ed il coraggio.

La prima lettura tratta dal profeta Ezechiele parla di una crescita straordinaria, “un ramoscello io [Dio] prenderò dalla cima del cedro… lo pianterò… metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico” (Ez 17,22-23), vediamo il contrasto tra un piccolo ramoscello, che può sembrare disprezzabile, e ciò che diventa un cedro magnifico nelle mani del Signore. Il popolo d’Israele che viveva la crisi della deportazione in Babilonia, viene esortato dal profeta a non scoraggiarsi, perché anche da un piccolo resto il Signore può far crescere una grande e potente nazione. Ma per avvenire questo è necessario avere un atteggiamento filiale di umiltà e di fiducia, riporre la propria vita nelle mani di Dio, che umilia i superbi e innalza gli umili.

Nel Vangelo Gesù parla alla folla e ai suoi discepoli, il suo modo di relazionarsi è conforme alla capacità di ognuno di comprendere: “con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa”.

Gesù è vicino a chi ha un cuore disponibile all’ascolto e le sue parole sono comprensibili per tutti. Il vangelo di questa settimana ci fa ascoltare dalla voce di Gesù due parabole che ci spiegano cos’è il Regno di Dio e come poterlo accogliere e vivere. Un testo molto bello può aiutarci a comprendere queste parabole afferma: «Qual cosa è più grande del regno dei cieli, e più pic­cola di un granello di senape? Come ha potuto pa­ragonare l’immenso regno dei cieli a questo picco­lissimo seme così facile a misurare? Se però consideriamo che cosa sia un granello di senape, troveremo come il paragone sia perfetto e secondo natura. Cos’è il regno dei cieli, se non il Cristo? Egli dice di sé: II regno di Dio è in mezzo a voi (Lc 17, 21). Nulla è più grande del Cristo secondo la sua natura divina […]. Ma che cosa vi è di più piccolo del Cristo, che secondo l’economia dell’incarnazione si fece inferiore agli angeli e agli uo­mini? […] Come si è fatto nel­lo stesso tempo regno dei cieli e granello? Grande e piccolo come possono essere uguali? Per la grandezza della sua misericordia verso l’uomo che è terra, si è fatto tutto a tutti per guadagnare tutti. Per natura sua era Dio, così come lo è e sarà, e si è fatto uomo per la nostra salvezza. O seme per il quale è stato fatto il mondo, sono state dissipate le tenebre e la Chiesa è rinnovata! Questo granello sospeso alla croce ebbe tanta forza che, sebbene fosse egli stesso inchiodato, con una sola parola strappò il ladrone dal legno e lo portò nelle delizie del paradiso; questo grano, ferito nel fianco dalla lancia, stillò una bevanda per gli asse­tati d’immortalità; questo grano di senape, tolto dal legno e sepolto nell’orto, riempì coi suoi rami tutta la terra. Questo grano, sepolto nel campo, affondò le sue radici negl’inferi e traendo fuori, a sé, le anime che si trovavano laggiù, in tre giorni le richiamò al cielo. II regno dei cieli si può paragonare a un granelli­no di senape, che un uomo prende e semina nel suo campo (Mt 13. 31). Semina questo grano di senape nel campo della tua anima. Allora anche a te il profe­ta dirà: Sarai come un giardino irrigato e come una sor­gente le cui acque non inaridiscono (Is 58, 11). […] Egli guarisce col suo calore i mali della nostra anima; sotto questo albero siamo irrorati dalla rugiada e protetti dall’agitazione di questo mon­do. È lui che con la morte fu seminato nella terra e vi porta frutto, lui dopo tre giorni risuscitò i santi dai sepolcri e con la sua risurrezione apparve il più grande di tutti i profeti. Egli sostiene ogni cosa con lo Spirito del Padre; lui, che sbocciò dalla terra al cielo, dato che fu seminato nel proprio campo, cioè nel mondo, e porto al Padre quelli che credevano in lui. O seme della vita, seminato da Dio Padre sulla terra! O germe dell’immortalità, che riconcili a Dio quelli che nutri!» (Attribuito a S. Giovanni Crisostomo Dall’Omelia 7)

 

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