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28 Luglio - XVII Domenica del Tempo Ordinario

 

Commento al Vangelo della XVII Domenica del Tempo Ordinario

Luca 11, 1 - 13

 

Il desiderio di seguire il Signore e la naturale attitudine ad incontrarlo e a parlargli con semplicità e fiducia scaturisce dalla nostra relazione con Lui, la preghiera. Quanto più vivremo nel mistero d'amore che ha annullato "il documento scritto contro di noi" (Col 2,14), la morte, tanto più renderemo concreta, nella nostra carne (v.13), la risurrezione di Cristo. Ora, chi ci insegnerà a pregare? Solo Colui che vive una relazione totale con il Padre può indicarci la verità e farci vivere con e nel Padre.
Ascoltiamo, meditiamo e viviamo la Parola del Crocifisso Risorto, e impareremo a pregare.
Dal racconto del vangelo di san Luca, possiamo osservare che la prima tappa della preghiera non è l'invocazione a Dio, come si potrebbe dedurre dalle parole del discepolo: "insegnaci a pregare" (Lc 11,1); ma è l'ascolto. "Uno dei suoi discepoli" (Lc 11,1), infatti, si rivolse così al Maestro perché si rese conto del Suo rapporto unico con Dio e chiese di condividere questa gioia con gli altri discepoli e con l'umanità. Il Signore Gesù, allora, proclamando la preghiera al Padre, manifesta l'infinità misericordia di Dio che perdona ogni offesa e salva chi confida nel Suo nome. L'ascolto, quindi, è generato dallo stupore per le meraviglie compiute da Dio nella nostra vita: tali meraviglie non si riferiscono solamente ai prodigi che possono occorrere nella nostra esistenza, ma soprattutto ai piccoli segni che pian piano ci fanno riconoscere il Signore presente nelle nostre azioni, nella fatica del lavoro, nella speranza di un mondo più giusto. L'ascolto, perciò, deve condurci alla conversione del nostro volto interiore.
Ecco la meditazione. Meditare significa rispondere all'amore dell'origine per gustare, con sincerità, la Parola del Signore. "Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano" (v.2-3). L'invocazione al Padre indica la fiducia che noi cristiani dobbiamo avere nei confronti del nostro Dio; Egli, infatti, donando il Suo pane, la Sua vicinanza fra di noi, ci mostra la strada per farci realizzare nella storia e nella gloria eterna. Per questo è indispensabile non spezzare mai il dialogo con il Padre, ma invocarlo in ogni istante dell'esistenza e mantenere salda la catena che ci congiunge a Lui: Cristo Signore. Ciò suppone che non basta recitare il rosario e collocare la preghiera unicamente in un angolo della giornata: tutta la nostra vita deve essere una incessante preghiera, un rosario di desiderio perché il Padre ci trasformi a immagine di Colui a cui ci rivolgiamo.
La preghiera è vita che (deve) trasfigura(re) tutta la nostra esistenza: deve orientarci a vivere. Chi ascolta, chi invoca, chi prega, ascolta la preghiera e le invocazione dei fratelli, in particolare, sa perdonare. La piccola parabola narrata da Gesù (v.5-8), infatti, si riferisce, in primo luogo, alla capacità di Dio di venire incontro effettivamente alle nostre necessità: sa di cosa abbiamo bisogno e dona tutto se stesso; in secondo luogo, essa ci comunica che se non apriamo la porta (v.7) del nostro cuore a Lui e non ci alziamo per dare i pani (v.7) al prossimo, è inutile pregare, invocare Dio: saremo degli ipocriti, non toccati e trasformati nel profondo.
Ritorna, adesso, la questione posta all'inizio: chi ci insegnerà a pregare? Meglio, come faremo a vivere la preghiera? Possiamo leggere la parabola al contrario. Dio non è soltanto colui che sta in casa, ora bussa insistentemente perché possiamo aprirGli. "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto" (v.9), dunque, è la dolce corrispondenza che deve esserci fra noi e Dio, la completa adesione a Lui, che chiede di entrare nella nostra esistenza, che cerca di condurci verso la salvezza, che bussa continuamente per riportarci alla vera vita. E noi, se non ci stancheremo di cercarLo, se chiederemo la forza per seguirLo, vivremo.

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