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Il territorio

La nostra Parrocchia è costruita sul territorio del comune di Albano Laziale, anche se pastoralmente comprende anche una parte del territorio del comune di Ariccia. È opportuno quindi fornire alcune notizie storiche sulle due città.

  ALBANO LAZIALE -  ALBALONGA -  MATER URBIS

Città dell' archeologia, delle dimore storiche e della musica.

Il  nome di Albano deriva, secondo la tradizione, direttamente da Albalonga, la città che il mito vuole fondata da Ascanio o Iulo, figlio di Enea, arrivato in Italia col padre dopo l’incendio di Troia.

Pur non conoscendo nulla sulle sue origini né sulla sua esatta collocazione (l’ipotesi più accreditata la colloca nella zona dell’attuale Castel Gandolfo), si sa che questa città fu la più importante fra quelle della Lega Latina, una lega di carattere innanzitutto religioso, che si era trovata poi ad affrontare il crescente potere di Roma.

Essa aveva il suo centro nel santuario di Iuppiter Latiaris (Giove) su Monte Cavo, dove le città appartenenti alla confederazione si riunivano una volta all’anno per celebrare le feriae latinae.

Le città della Lega rimasero per secoli una spina nel fianco di Roma: nonostante la distruzione di Albalonga nel VI sec. a.C., esse furono definitivamente sottomesse solo due secoli dopo; in seguito a ciò la Lega fu sciolta.

Dopo la distruzione di Albalonga, i Romani, per l’importanza sacrale rivestita dall’area, decisero di riservarla agli dei (tra l’altro quello di Giove non era l’unico santuario presente in zona, basti pensare, per esempio, a quelli di Giunone Sospita a Lanuvio e di Diana Nemorense); sul territorio non fu edificato più nulla per parecchio tempo.

Un certo ripopolamento cominciò in età tardo-repubblicana. Per la sua vicinanza a Roma facilmente collegata tramite l’Appia e l’amenità dei luoghi, quest’area divenne meta ambita di molti patrizi romani, che vi costruirono numerose ville residenziali. Le fonti storiche ne citano molte, oggi si vedono i resti solo di alcune: quella di Pompeo Magno (nei giardini di villa Doria), poi anche villa Imperiale, quella di Domiziano (all’interno dei giardini della villa pontificia), quella così detta “ai Cavallacci”.

Al di là della presenza di queste ricchissime ville, ci sono testimonianze di insediamenti in età repubblicana e nella prima età imperiale. Tuttavia l’assetto definitivo dell’Albanum con un intensivo popolamento avvenne solo alla fine del II secolo, quando l’imperatore Settimio Severo, di ritorno dalla campagna contro i Parti sul Danubio, vi costruì l’accampamento della Seconda Legione Partica. I legionari, all’incirca 6000 uomini, popolarono il territorio insieme alle loro famiglie, che vivevano al di fuori delle mura dell’accampamento, insieme a quanti operavano a fianco di una legione (artigiani, commercianti, servi…).

Con l’acquartieramento della legione inizia quel processo di unificazione dell’agglomerato umano che portò molto presto alla formazione di una vera e propria città di Albano, la cui “ossatura” è costituita proprio dalla struttura dell’accampamento severiano (in parte ancora oggi visibile).

Secondo molti studiosi (e la teoria è confermata da alcuni ritrovamenti) furono proprio i soldati provenienti dall’Oriente a portare ad Albano il Cristianesimo. Questa comunità dovette essere molto fiorente, fin dalle origini; solo così si può spiegare il fatto che l’imperatore Costantino fece delle donazioni alla città e vi costruì una delle quattro Basiliche da lui edificate fuori Roma. Testimonianze di questa comunità restano anche nelle Catacombe di S. Senatore, dedicate a questo giovane martire di cui si sa molto poco.

Devastata ben presto dalle invasioni barbariche (Visigoti, Vandali, Eruli, Ostrogoti, Longobardi e Saraceni), indebolita dalle lotte della Chiesa, nel 946 divenne proprietà dei Savelli; da questo momento fu strettamente legata e condizionata dai capricci e dalle sorti di questa nobile casata. Ripetutamente permutata e riacquistata seguendo le altalenanti sorti della famiglia, fu infine acquistata dalla Camera Apostolica nel XVII secolo.

Nel corso del ‘700 e dell’ ‘800 vi fu un nuovo periodo di splendore per la città, che divenne meta obbligata di poeti, letterati, storici e pittori che venivano a ritrarre le attrattive della campagna romana e dei suoi abitanti. Nell’estate del 1867 scoppiò il colera, di cui rimane ricordo nel “Cimitero del colera o degli appestati”. Vi morì anche il vescovo di Albano, il Cardinale Ludovico Altieri. Il porporato, appena avuta notizia del colera, decise da Roma di recarsi nella sua diocesi per sostenere i cittadini sventurati. Durante la sua opera di assistenza contrasse il morbo e l’11 agosto 1867 morì. È stata indetta per il Cardinale Ludovico Altieri la causa di beatificazione e canonizzazione. Passata l’epidemia, la città si riprese velocemente. Con l’avvento del Regno d’Italia divenne libero Comune con il nome di Albano Laziale.

 

Medaglia d'argento al merito civile -<br /><br />nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'argento al merito civile
  «Centro strategicamente importante, situato nelle vicinanze di Roma, fu sottoposto a violentissimi e devastanti bombardamenti e ad efferate azioni di guerra da parte degli opposti schieramenti che provocarono centinaia di vittime e di feriti, in particolare tra gli sfollati ospitati nel Collegio di Propaganda Fide, nonché ingenti danni al patrimonio edilizio. La popolazione offrì un'ammirevole prova di generoso spirito di solidarietà, prodigandosi nel recupero dei morti e nel soccorso dei feriti. Splendido esempio dei più elevati sentimenti di solidarietà umana e di elette virtù civiche. 1944 - Albano Laziale (RM)»

Il 15 novembre 2006, con decreto del Presidente della Repubblica, il comune ha acquisito il titolo di "Città".

          ARICCIA  

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Ariccia affonda le sue radici nel mito: il suo nome è legato alla ninfa Aricia, sposa di Ippolito. Figlio di Teseo, re di Atene, il giovane fugge dalla sua città ingiustamente accusato di violenza dalla matrigna, Fedra, e, ucciso dai suoi cavalli in corsa, torna in vita per intercessione della dea Artemide, che lo porta poi al sicuro in Italia, nascondendolo sotto il nome di Virbio nel suo bosco sacro di Aricia. Questo bosco ospitava, già nel V secolo a.C., un importante santuario, consacrato alla dea Diana e sede del rex nemorensis, sacerdote legato ad un culto molto crudele, che prevedeva la sua uccisione da parte di chiunque volesse prenderne il posto.

Le prime testimonianze di insediamento in questo territorio si datano alla Preistoria, anche se a quei tempi l’abitato era nell’area di Monte Gentile. Già ai tempi della Lega Latina, uttavia, esso si sposta verso il promontorio che occupa ancora oggi.

Ariccia rivestì ruoli di particolare importanza nelle vicende della Lega, sempre in prima linea nella difesa del territorio, fino alla definitiva sconfitta da parte dei Romani; in particolare si ricorda la famosa battaglia di Aricia, che nel VI secolo a.C. pose fine alle mire espansionistiche degli Etruschi. Dopo la definitiva sconfitta della Lega da parte di Roma e il suo successivo scioglimento, la cittadina ebbe riconosciuto il titolo di Municipium, ottenendo così da Roma una certa autonomia amministrativa. In questo periodo l’abitato si sposta nuovamente, dalla rocca verso Vallericcia. Questo succede, dopo l’apertura della via Appia, che rende i collegamenti molto più agevoli per gli abitanti trasferitisi a valle. Essa segue tuttavia le sorti dell’area in cui si trova: collocata in un’area sacra, in una zona lussureggiante ed amena, viene scelta come luogo di residenza da molti nobili romani per le loro villeggiature.

La decadenza comincia lentamente con lo sviluppo di Albano, per poi accentuarsi nel periodo delle invasioni barbariche. Tra il VI e l’VIII secolo, per sfuggire ai barbari prima e, in modo particolare, ai Saraceni in seguito, gli Ariccini si spostano sulle alture, recuperando la rocca e fortificandola. È questo il periodo forse più difficile per la cittadina: lontana dalle vie di comunicazione, dominata per circa 5 secoli da diverse famiglie che non si curano molto delle sue sorti, Ariccia vive un lungo periodo di isolamento e di decadenza.

Nel 1473 passa definitivamente nelle mani dei Savelli, che faranno ricostruire il borgo, prosciugare il “lago” di Vallericcia [Vallericcia è una delle tre bocche, insieme ai laghi di Albano e di Nemi, createsi durante una delle fasi esplosive del vulcano laziale in epoca preistorica] e costruire un nuovo castello sulla rocca, sulle rovine di quello precedente. La cittadina comincia in questo momento a recuperare importanza, diventando meta di viaggiatori di riguardo.La trasformazione del borgo, tuttavia, avviene un paio di secoli dopo. Nel 1661, a causa di una gravissima situazione debitoria, i Savelli sono costretti a vendere il feudo ai Chigi, famiglia senese che pochi anni prima (1655) era approdata a Roma in seguito all’elezione al soglio pontificio del cardinale Fabio, col nome di Alessandro VII.

Come già successo al tempo dei Romani, Ariccia viene scelta dai parenti del Papa per la sua suggestiva posizione, per il buon clima, ma anche, e soprattutto, per la sua vicinanza a Castel Gandolfo, dove c’era la residenza estiva dei Pontefici. È lo stesso Alessandro VII a commissionare la trasformazione della rocca in un complesso monumentale grandioso, degno dei  nuovi proprietari, al più importante artista presente sulla piazza a Roma in  quel momento: Gian Lorenzo Bernini, già collaboratore del Papa in tanti altriprogetti (basti pensare al colonnato di Piazza S. Pietro a Roma). La fortezza dei Savelli, ingrandita ed ingentilita, viene inserita in una  scenografica piazza di Corte, su cui affacciano il Palazzo e la Chiesa dell’Assunta, costruita sul modello del Pantheon; la piazza è accessibile solamente  da Porta Napoletana. Struttura ben diversa, quindi, da quanto vediamo noi oggi, frutto di un intervento voluto da Pio IX durante la metà del XIX secolo, che, rendendo più agevole il percorso dell’Appia evitando il passaggio da Vallericcia, stravolge completamente il progetto del Bernini.

Le trasformazioni non si fermano tuttavia alla rocca: a livello edilizio i cambiamenti interessano tutta la cittadina, dandole un volto nuovo; a questi si aggiungono vari provvedimenti che riescono a migliorare e a stabilizzare le condizioni di vita degli abitanti.

Da questo momento in poi, grazie anche alla guida dei Chigi, Ariccia vivrà una rapida ascesa, alla ribalta sullo scenario romano dell’epoca, luogo di passaggio per nobili, alti prelati, poeti, artisti, letterati. Il periodo di massimo fulgore in questo senso sarà tra la seconda metà del XVIII ed il XIX secolo, quando essa diventerà una delle tappe del Grand Tour d’Italie (molto famosa era la locanda Martorelli, luogo d’incontro di poeti ed artisti).

Sempre in questo periodo i Chigi legano il nome della cittadina ai numerosi scavi archeologici effettuati in Vallericcia e alle frequenti battute di caccia nel bosco retrostante il Palazzo. Il resto della storia, dai moti rivoluzionari alla Repubblica Romana alle guerre mondiali, è strettamente legato a quella italiana.

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